Croce o Palo?

Su quale mezzo morì Gesù?

La risposta a questa domanda in effetti non è fondamentale per un motivo ben preciso. La Bibbia ci dice che Cristo “morì per noi” per riscattarci. (Romani 5:8) Il suo è stato un gesto di amore per il genere umano incommensurabile. La Bibbia dice:

L’amore di Cristo ci spinge, al pensiero che se uno morì per tutti, tutti, dunque, sono morti; ed egli morì per tutti af inché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che morì e risuscitò per loro. (2 Corinti 5:14,15)

Pertanto che Cristo sia morto su una croce, su un palo o in qualche altro modo non compromette in alcun modo il valore del suo sacrificio. La Bibbia afferma:

“In lui [non nella croce come oggetto] abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, la remissione dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia”. ( Efesini 1:7) – La nota fra parentesi quadre è nostra.

Esercitare fede in Cristo — piuttosto che stabilire con matematica certezza lo strumento con cui è stato ucciso — è essenziale per la salvezza. – Giovanni 3:16

Queste argomentazioni da sole basterebbero per rispondere ai critici dei testimoni di Geova che per difendere il culto della croce accusano questi ultimi di ignoranza linguistica, archeologica e di voler combattere ad ogni costo il simbolo del cristianesimo caro a tutti i cristiani. Già nel 1936 il libro “Ricchezza“, edito dai Testimoni di Geova, avanzando la tesi secondo cui Gesù non morì su una croce ma su un palo diritto diceva:

“Che quella dove fu appeso Gesù fosse una vera croce di legno od un semplice tronco di albero, non ha importanza” (pag. 26)

Questo perché per i testimoni di Geova il palo non ha alcun significato religioso né lo impiegherebbero nell’adorazione come, ovviamente, non impiegherebbero una croce. I critici obiettano che prove interne alla Scrittura, prove letterarie (a partire dalla Lettera di Barnaba) e iconografiche indichino categoricamente che la forma dello strumento di morte di Gesù era sicuramente una croce composta da un palo verticale e da uno trasversale.

1. Ci sono prove certe per indicare che Gesù morì su uno strumento di morte a forma di croce?

2. Cosa indicano le Scritture?

3. Ci sono prove letterarie e archeologiche che dimostrano inconfutabilmente che la forma dello strumento di morte del Signore fosse una croce?

4. Perché i testimoni di Geova indicano che Gesù morì su un palo?


L’evidenza linguistica

La Bibbia dice che Cristo morì su uno strumento che nel testo greco viene chiamato “stauròs” e “xylòn”. Nella maggioranza delle traduzioni bibliche questi termini vengono quasi sempre tradotti “croce”. In alcuni versetti, qualche traduzione, rende il termine “xylòn” “legno”. (Atti 5:30; 10:39 , edizioni Paoline, Nuovissima Versione della Bibbia). In Atti 2:23 la traduzione della edizioni Paoline dice che Cristo venne “crocifisso” mentre la traduzione Nuovissima edizione della Bibbia dice semplicemente che fu “inchiodato ‘al patibolo’”.

In effetti se ci basiamo sulle scarne descrizioni bibliche non possiamo concludere che lo strumento di morte del Signore fosse una croce composta da un braccio trasversale e da uno verticale. — Il Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento (a cura di L. Cioenen, E. Beyreuther, H. Bietenhard – Ed. Dehoniane,1976) a pag. 408 dice:

“La prassi del diritto penale ha conferito, tanto al sostantivo che al verbo, significati particolari, e tuttavia anche piuttosto differenti. Si deve perciò andar cauti nell’associare a questi vocaboli quei particolari che la tradizione cristiana collega alla morte di Gesù”. — (Il grassetto è nostro)

Come dice chiaramente quest’opera non si può affermare dogmaticamente che lo strumento di morte di Cristo fosse una croce. Continuando su questo soggetto, l’opera di consultazione, pur sostenendo l’accezione “croce” dice:

“È estremamente probabile che lo strumento di supplizio adottato, lo stauròs, comportasse un pezzo di legno incrociato e quindi avesse la forma delle due travi in croce”. (Ibid. pag. 409)

Vogliamo richiamare l’attenzione sulla prudenza utilizzata da quest’opera nell’indicare lo strumento di morte di Cristo. Alla cieca sicurezza dei nostri oppositori che su internet e in vari testi oppongono “certezze” storiche, linguistiche ed archeologiche sulla forma dello stauròs si oppone la prudenza delle fonti serie e ben accreditate.

“Le fonti profane comunque non permettono di dire quale fosse esattamente la forma“. (Ibid. pag. 409)

È vero che quest’opera sostiene che la forma più probabile del patibolo di Cristo fosse una “crux immissa (+)” o “crux commissa (T)”. Ma fa un’osservazione che è utile anche per la nostra considerazione sul palo. I nostri detrattori sostengono categoricamente che la forma non poteva essere di “palo diritto” perché la Bibbia dice che sopra la testa di Cristo fu messo un “titlos”. (Matteo 27:37) Ma comprendete che lo stesso problema si presenta se la forma fosse di “crux commissa (T)”. Per questo i nostri detrattori sostengono categoricamente che la forma era di “crux immissa (+)”. Notate cosa dice al riguardo:

“Tale fatto [cioè l’immissione dei titlos] non può costituire di per se un argomento a favore della crux immissa”.

Questo risponde ovviamente all’obiezione che la presenza del titlos nel caso di Cristo indichi categoricamente che la forma della croce fosse a (+). Non avendo alcuna certezza sulla forma dello strumento di morte del Signore dobbiamo per forza basarci sulle scarne indicazioni bibliche e analizzare le parole impiegate per designare il patibolo di Cristo. Cosa ci indicano le parole greche usate, stauròs e xylon? Le fonti sono unanimi nel dire che i due termini significano primariamente “palo”. W.E. Vine nel suo Expository Dictionary

“STAUROS ...denota primariamente un palo diritto. Su questo strumento di esecuzione capitale venivano inchiodati i criminali.“

La Companion Bible così si esprime nella sua appendice 162:

Nel NT greco ci sono due parole tradotte [comunemente] “croce”, lo strumento di esecuzione capitale sul quale fu appeso il Signore.

1. La parola stauros, che indica un palo diritto, al quale venivano inchiodati i criminali per essere giustiziati.

2. La parola xulon, che generalmente denota un tronco morto di legno o trave, usato come combustibile o per altro scopo. ....

Dove xulon viene usato al posto di stauros, il significato è identico per tutti e due. — (Il grassetto è nostro)

Nel A Critical Lexicon and Concodance to the English and Greek New Testament, pag. 819, E.W. Bullinger dichiara:

Per quanto riguarda l’uso di croce per tradurre stauros, lo strumento di esecuzione capitale sul quale Gesù fu appeso, devo sottolineare che ambedue le parole stauros e xylon si discostano dal concetto attuale di croce, col quale abbiamo familiarità attraverso l’arte figurativa. Lo stauros era semplicemente un palo diritto sul quale i Romani inchiodavano i condannati. Il verbo stauroo, che significa semplicemente trascinare pali, non ha mai reso l’idea di due pezzi di legno messi di traverso uno sull’altro. Perfino il latino crux significa un semplice palo“.

Il Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento (op. citata, pag. 408) dice:

stauròs è un palo piantato diritto (palo a punta)”.

Dando i significati della parola greca stauròs e dei corrispondenti verbi greci quest’opera dice:

“stauròs , palo, croce; stauròo, appendere, impalare, crocifiggere”.

Poi aggiunge:

I vocaboli stauròs e (ana) stauròo, quindi non sono di per sé sufficienti per stabilire esattamente come avvenisse tecnicamente l’esecuzione della pena e quale significato avesse. Per meglio determinare il significato dei vocaboli occorre perciò chiarire ogni volta in quale ambiente e da quale autorità la pena viene eseguita, e qual è il punto di vista dell’autore che descrive l’esecuzione di una pena con questi vocaboli. E’ assai probabile che l’esecuzione della pena e il suo significato differissero radicalmente in oriente e in occidente. In oriente si usava appendere o infilzare un cadavere, a volte decapitato (per es. Polyb. VII 21,3). Si tratta di una pena aggiuntiva, inflitta al condannato già ucciso prima. Esso veniva così esposto alla vista e al ludibrio di tutti. In occidente questo tipo di punizione non era usato né accettato. L’appendere o l’assicurare uno a un palo di qualunque tipo, trave o croce, era un procedimento che veniva applicato ad una persona ancora viva”. (pag. 408-409) - (Il grassetto è nostro)

Come vedete quest’opera, benché poi sostenga l’accezione croce, dice onestamente che il condannato poteva essere appeso pure ad una trave e questo non esclude che lo strumento impiegato nel caso di Cristo potesse essere che un semplice stauròs. Commentando le cosiddette prove esterne o profane, che secondo i nostri detrattori testimonierebbero inequivocabilmente la forma della croce, quest’opera dice:

“Nel complesso dobbiamo tenere presente che gli scrittori profani non hanno degnato questo tipo di esecuzione, tanto ignominioso e crudele, di una qualche descrizione dettagliata. Alcune questioni restano quindi necessariamente aperte. Il quadro che si è potuto ricavare grazie al materiale offerto dalla letteratura profana non deve essere integrato o modificato con troppa precipitazione con quello offerto dalla narrazione dei vangeli“. (pag. 410) — (Il grassetto è nostro)

Il “Dizionario Biblico Tascabile” di M.C Tenney, Edizioni Casa Biblica alla voce “Croce” pur sostenendo che Cristo fosse morto su una croce tradizionale dice:

A volte la croce consisteva in un semplice palo verticale“. — (Il grassetto è nostro).

Quindi è evidente che non si può essere dogmatici nell’affermare che Cristo sia morto su una croce formato di due pali incrociati. Le parole greche usate nel Nuovo Testamento e l’uso che ne viene fatto non trasmettono certo l’idea di una croce formata da due pali incrociati. Infatti l’opera “Companion Reference Guide to the Christian Bible” edito dalla “Christian Bible Society” alla voce “STAKE” (Palo) dice:

“The word “cross” isn’t used because the greek word does not literally mean a cross; rather it literally means a “stake”.

Traduzione:

La parola “croce” non è usata perché la parola greca non vuole dire letteralmente una croce; piuttosto vuole letteralmente dire un “palo”.

Segue poi un elenco di tutti i luoghi ove ricorre la parola greca “stauròs” reso da quest’opera uniformemente “stake” (palo).

Un’altra traduzione, oltre la Traduzione del Nuovo Mondo, ha tradotto in maniera simile la parola greca “stauròs”. Il “Jewish New Testament” di David H.Stern, edito dalla Jewish New testament Pubblication traduce in Matteo 27:40 la parola greca “stauròs” “stake” (palo). “L’evangelo secondo Giovanni” di Gianfranco Nolli, (Libreria Editrice Vaticana, ristampa del 1987) un’opera contenente il testo greco, il testo latino, la traduzione italiana e l’analisi filologica del testo pur traducendo il verbo “staròo” “crocifiggere” nel testo nelle note filologiche ammette come significato possibile oltre quello tradizionale anche “alzare un palo”.

La versione “Parola del Signore” (Editrice Ellenici, ristampa del 1986) pur rendendo la parola “xylon” “croce” nella nota in calce dice:

“mettendolo in croce”: traduciamo così l’espressione del testo originale: appendendolo al legno“. — (Il grassetto è nostro)

Viene quindi ammesso che “xulon” il senso trasmesso dal testo originale non è “croce” ma “legno”. Lo stesso fa “La Bibbia di Gerusalemme” che in Atti 5:30 pur usando nel testo l’accezione “croce” nella nota in calce dice:

“Alla croce: alla lettera «al legno», espressione ripetuta in 10,39 (cf.13,29) che richiama Dt [Deuteronomio 21:23], citato in Galati 3:13; cf. 1 Pt 2,24′′.

Ma le due parole greche non significano anche “croce”? Certo. Infatti una fonte dei testimoni di Geova, il libro Ragioniamo, dice: “La parola greca tradotta “croce” in molte versioni bibliche moderne (“palo di tortura” in NM) è stauròs. Nel greco classico questa parola indica semplicemente un palo verticale. In seguito si cominciò a usarla anche per indicare un palo d’esecuzione con un braccio trasversale“.

Il Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell e Scott dà questa definizione della parola “xylòn”:

“Legno tagliato e pronto per l’uso, sia legna da ardere, sia legname da costruzione, . . . pezzo di legno, tronco, trave, palo, . . . bastone, clava, randello, . . . asse o trave a cui erano legati i malfattori, la Croce, N.T. . . . di legno vivo, pianta, albero”. (Le Monnier, 1975, p. 875) Come si può osservare l’accezione “croce” non è la principale ed è evidente che è posteriore al significato principale che è “palo, asse o trave a cui erano legati i malfattori“.

La stessa Enciclopedia Cattolica è costretta ad ammettere: “Certain it is, at any rate, that the cross originally consisted of a simple vertical pole, sharpened at its upper end. Mæcenas (Seneca, Epist. xvii, 1, 10) calls it acuta crux; it could also be called crux simplex ” – The Catholic Encyclopedia, Volume IV. P. W. Schmidt, che fu docente presso l’Università di Basilea, nella sua opera Die eschichte Jesu , vol. 2, Tubinga e Lipsia, 1904, pp. 386-394, fece uno studio dettagliato della parola greca stauròs. A p. 386 della sua opera disse:

“[stauròs] significa ogni palo o tronco d’albero in posizione eretta“.

Riguardo all’esecuzione della pena inflitta a Gesù, P. W. Schmidt scrisse alle pp. 387-389:

Oltre alla flagellazione, secondo i racconti evangelici, per quanto riguarda la pena inflitta a Gesù va presa in considerazione solo la più semplice forma di crocifissione romana: l’appendere il corpo svestito ad un palo, il quale, fra l’altro, Gesù dovette trasportare o trascinare fino al luogo dell’esecuzione per intensificare l’infamante pena... Qualsiasi cosa diversa dall’essere semplicemente appesi è esclusa dal fatto che spesso si trattava di esecuzioni capitali in massa: 2.000 in una volta da Varo (G. Flavio, Antichità giudaiche XVII 10. 10), da Quadrato (Guerra giudaica II 12. 6), dal procuratore Felice (Guerra giudaica II 15. 2 [13. 2]), da Tito (Guerra giudaica VII 1 [V 11. 1]).

Abbiamo alcune fonti storiche interessanti. Seneca (ca. 1-65 d.c.) scriveva:

Vedo costì croci e non di un solo genere, ma costruite da chi in un modo da chi in un altro; certuni appesero con la testa volta verso terra, altri spinsero un tronco per le parti oscene del corpo, altri stirarono le braccia sul patibolo. – Dialogo 6 (De consolatione ad Marciam) 20, 3 (trad. di G. Viansino).

Parlando degli eventi relativi alla caduta di Gerusalemme nel 70 d.c., Giuseppe Flavio ha scritto:

Spinti dall’odio e dal furore, i soldati si divertivano a crocifiggere i prigionieri in varie posizioni, e tale era il loro numero che mancavano lo spazio per le croci [pl. di stauros] e le croci per le vittime.” – La guerra giudaica, 5,11,1 (trad. di G. Vitucci).

Con tanti corpi è probabile che per economizzare si usasse un solo legno, e non due, per ogni vittima.

La Bibbia ci permette di fare un’interessante excursus sul significato dei termini originali. Infatti se lo strumento su cui Aman fu appeso è detto ‘ets (“albero”) e c’è il verbo tala nel testo ebraico, la LXX usa il verbo stauroo (“appendere a un palo”) col sostantivo xylon (“albero”) e la Vulgata latina crux (“palo” o “croce”). A quanto sembra il primo a parlare della forma dello strumento usato per appendere Gesù è l’autore della Lettera di Barnaba (inizio del II secolo d.c.), per il quale era a T. Non ci sono quindi dati del primo secolo da cui ricavare quale forma avesse lo strumento su cui Gesù fu messo a morte.

La questione del titlos e i chiodi nelle mani e nei piedi

Alcuni vogliono ricavare ad ogni costo elementi dalle Scritture per determinare la forma dello strumento di morte del Signore Gesù. Generalmente si sostiene che la menzione del cartello (tlos) “al di sopra della testa di Cristo” in Matteo 27:37 e la parola “chiodi” riferito alle mani di Cristo in Giovanni 20:25 indichino che Cristo fu appeso su una croce tradizionale. Ne abbiamo già accennato prima ma adesso sviluppiamo meglio il soggetto. Passiamo ora ad esaminare nel dettaglio cosa dicono le Scritture circa la modalità di esecuzione del Signore Gesù.

1) Leggiamo prima il racconto di Matteo:

“Quindi liberò loro Barabba, ma fece sferzare Gesù e lo consegnò perché fosse messo al palo. [verbo greco derivato da stauròs] Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel palazzo del governatore e radunarono l’intero reparto delle truppe presso di lui. E, spogliatolo, lo ricoprirono con un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela misero sulla testa e una canna nella sua destra. E, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano, dicendo: “Buon giorno, re dei giudei!” E gli sputarono addosso e, presa la canna, gli percuotevano la testa. Infine, dopo averlo schernito, gli tolsero il manto, lo rivestirono con le sue vesti e lo condussero via per metterlo al palo.[verbo greco derivato da stauròs] Mentre uscivano trovarono un nativo di Cirene di nome Simone. Essi costrinsero quest’uomo a prestare servizio, perché sollevasse il suo palo di tortura. [greco stauròs] Ed essendo venuti al luogo chiamato Gòlgotha, vale a dire Luogo del Teschio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma, dopo averlo assaggiato, egli si rifiutò di bere. E, messolo al palo [verbo greco derivato da stauròs] , distribuirono i suoi abiti gettando le sorti, e, seduti, stavano là a fargli la guardia. E al di sopra della sua testa posero la scritta dell’accusa contro di lui: “Questo è Gesù, il re dei giudei”.

Due ladroni furono quindi messi al palo [verbo greco derivato da stauròs] con lui, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra.” — Matteo 27:32-38, Traduzione del Nuovo Mondo.

Come si evince nel brano nulla indica la forma particolare dello “stauròs”. Cristo portò lo “stauròs” per un po’ e poi, perché evidentemente sopraffatto dalla stanchezza per le percosse subite, fu aiutato da Simone di Cirene. Arrivati al luogo dell’esecuzione, nulla nella Scrittura lascia intendere che ci fosse già un palo piantato su cui poi venne issato un braccio trasversale. Anzi la Scrittura fa comprendere che Cristo fu appeso allo stesso “stauròs” che si portò con se. Dato che la parola “stauròs” significa primariamente “palo diritto” su cui venivano appesi i condannati non c’è alcun motivo per ritenere che fosse una croce.

2) I critici dei testimoni di Geova dicono che il fatto che al di sopra della testa ci fosse la scritta dell’accusa contro di lui indica che Gesù non poteva essere appeso con le mani sulla testa ma con le braccia tese. Ma quest’obiezione regge ad un accurato esame?

Il parallelo racconto di Luca dice:

“Ora, mentre lo conducevano via, presero Simone, un nativo di Cirene, che veniva dai campi, e posero il palo di tortura su di lui perché lo portasse dietro a Gesù. ... Ma altri due uomini, malfattori, erano pure condotti per essere giustiziati con lui. Ed essendo giunti al luogo chiamato Teschio, vi misero al palo lui e i malfattori, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Inoltre, per distribuire i suoi abiti, gettarono le sorti. E il popolo stava a guardare. Ma i governanti si facevano beffe, dicendo: “Ha salvato altri; salvi se stesso, se questo è il Cristo di Dio, l’Eletto”. Anche i soldati lo schernirono, avvicinandosi e offrendogli vino acido e dicendo: “Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso”. Al di sopra di lui c’era anche un’iscrizione: “Questo è il re dei giudei”. – Luca 23:26-38

Matteo dice che la scritta fu posta “al di sopra della testa” mentre il racconto di Luca dice semplicemente che era “al di sopra di” Cristo, senza spiegare dove.

Questa sarebbe per i detrattori la prova decisiva che le mani di Cristo non potevano essere messe sopra la testa ma dovevano essere distese. Matteo usa un termine, “epano“, che ricorre venti volte nelle Scritture Greche Cristiane. Spesso ha il senso di “immediatamente sopra”. (Matteo 21:7; Apocalisse 6:8) Ma ha anche il senso più generico di “al di sopra” come in Matteo 2:9 e Giovanni 3:31. Alla luce del racconto parallelo di Luca è chiaro che in Matteo 27:37 “epano” ha il senso generico di “al di sopra” . La testa è un riferimento più importante delle mani per cui può darsi benissimo che Matteo volesse indicare semplicemente che la scritta era posta in alto.

3) Passiamo adesso ad un’ulteriore prova adotta per dimostrare che Cristo fu appeso ad una croce tradizionale. Esaminiamo Giovanni 20:25:

Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, certamente non crederò”.

Secondo i critici dei testimoni di Geova la presenza del termine “chiodi” al plurale riferito alle mani è segno che le mani erano inchiodate su un braccio trasversale.

Vi sembra una prova ragionevole e conclusiva? O è un indizio piuttosto scarno? È vero che dal commento di Tommaso sappiamo che le mani del Cristo furono inchiodate. Ma in che modo? Non lo sappiamo. La Bibbia non dice se le sue mani furono inchiodate una sopra l’altra con un solo chiodo che le attraversasse da una parte all’altra, o l’una accanto all’altra con un chiodo separato per ciascuna di esse. Se avvenne quest’ultima cosa, si potrebbe pensare che l’osservazione di Tommaso si riferisse solo alle mani di Gesù. C’è però un’altra possibilità che non si può escludere. Molti studiosi credono che un chiodo o dei chiodi forassero i piedi di Gesù, fissandoli direttamente sul posto o a una piccola piattaforma attaccata al palo. Gesù stesso poté riferirsi alle sue ferite nelle mani e nei piedi in un’altra occasione quando apparve ai suoi discepoli. Per convincerli dunque che era veramente il risuscitato Gesù, egli disse: “Vedete le mie mani e i miei piedi, che sono proprio io”. (Luca 24:39) Tommaso non menzionò specificamente i piedi di Gesù. Ma il suo commento circa “il segno dei chiodi” poteva includere le mani e i piedi di Cristo, sebbene fossero menzionate solo le mani.

Tenendo conto delle parole impiegate dagli scrittori biblici per descrivere lo strumento di morte di Cristo e dell’assenza di prove che indichino che lo “stauròs” consistesse in qualcosa di più di un semplice palo è obbiettivamente difficile concludere dalle parole di questa Scrittura che Cristo fosse appeso ad una croce.

Uso metaforico del termine stauròs in altri brani biblici

Che dire di quei brani come Matteo 10:38 o 16:24 dove Gesù dice che i suoi discepoli devono portare “una croce”? Intendeva dire che bisognasse portare “la croce” in senso metaforico alludendo alla forma dello strumento di tortura? Alcuni commentatori sono di questo avviso. P.Marco M. Sales nel suo Nuovo Testamento commentato alla nota in calce a Matteo 10:38 scrive: “Gesù allude manifestamente all’uso comune nell’impero romano che obbligava i condannati a portare sulle loro spalle lo strumento del loro supplizio”. E conclude dicendo: “Noi siamo persuasi che nel pronunciarle Gesù pensava al sacrificio della croce”. Ma ci sono prove per concludere in questo modo? Notate che questa nota dice che è una persuasione dell’autore. Prove? Nessuna. Lo stesso autore riporta, onestamente, un’altra spiegazione. Scrive:

“Palmer in “Expository Times” (gennaio 1902) ha dato una nuova spiegazione di questa frase portar la croce. Egli fa osservare che la parola stauros tradotta qui per croce, ha il senso generale di tronco d’albero; e quindi più che uno strumento di supplizio, potrebbe designare qualsiasi pezzo di legno gregio. Ora Gesù pronunziò queste parole in Galilea, e presso Cesarea di Filippi...[Gli abitanti] avevano sotto gli occhi lunghe file di operai intenti ogni giorno a far scendere dai monti e a portare grossi tronchi di alberi per imbarcarli sul Giordano o sul lago. Egli perciò si sarebbe servito di una metafora tolta da mestiere si duro e faticoso per far comprendere che chi voleva essere suo discepolo doveva essere pronto a sottostare ogni giorno ai maggiori sacrifici“.

Anche se questa potrebbe non essere la spiegazione più corretta dei brani biblici in questione è evidente che Gesù nel pronunciarle non intendeva indicare categoricamente una forma carica di significati teologici (“croce”). L’enciclopedia biblica Perspicacia (edita dai Testimoni di Geova) al Vol. 2 pag. 473 commentando questi brani dice: “Uso figurativo. “Palo di tortura” a volte sta per sofferenze, vergogna o tortura subite perché si è seguaci di Gesù Cristo. Infatti Gesù disse: “Chi non accetta il suo palo di tortura e non mi segue non è degno di me”. (Mt 10:38; 16:24; Mr 8:34; Lu 9:23; 14:27).” A prescindere da come si intendano questi brani è evidente che non si possono ricavare certezze sulla forma dello strumento di morte del Signore.

Mons. Aristide Brunello nel suo “Vangelo di Gesù” scrive a proposito di questo brano:

“La sua croce: secondo il testo greco, la parola croce non deve essere intesa nel senso specifico che ha preso attualmente, ma secondo il senso letterale che aveva un tempo e che significava un tronco d’albero; perciò la frase [può essere ] generalmente intesa in senso allegorico“.

La profezia sulla morte di Pietro: una prova della forma della croce?

Un altro passo ancora è quello di Giovanni 21:18 che viene visto come prova che la croce fosse a due braccia. Il brano dice:” Quando eri più giovane, ti cingevi e camminavi dove volevi. Ma quando invecchierai stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non desideri”. Ma un’onesta lettura del brano permette forse di determinare la forma dello strumento di morte? Se siamo sinceri no. Ma cosa dicono gli studiosi commentando questo brano?

“Stendi le tue mani” [Giovanni 21:18] Se inteso come stendere le mani sulla croce, secondo l’opinione di certi interpreti, è fantasioso“.

A Catholic Commentary on Holy Scripture riconosce:

“Poiché lo stendere le mani è messo prima del cingersi e dell’essere condotto via, è difficile discernere come si deve intendere. Se l’ordine fa parte della profezia, dobbiamo supporre che il prigioniero fosse legato al patibulum prima d’essere cinto e condotto all’esecuzione“.

In realtà l’unica prova che abbiamo che Pietro fu crocifisso a testa in giù è la testimonianza di Eusebio di Cesarea che visse secoli dopo gli avvenimenti e riportava una tradizione che per quanto autorevole non è certo probante.

Le evidenze letterarie posteriori al Nuovo Testamento

Come detto sopra, sembra che la prima menzione della forma della croce risalga alla lettera di Barnaba. Dello stesso periodo ci sono alcuni brani di Giustino e di altri Padri della Chiesa i quali sembrano descrivere lo strumento di morte di Cristo come una croce. Per esempio Giustino scrive:

“Infatti, un’asta è posta verticalmente, e il suo braccio superiore sporge verso l’alto, quando vi si applica l’altra asta, le cui estremità appaiono come bracci uniti a quello superiore”.

Tuttavia, Giustino non fu ispirato da Dio, come lo furono gli scrittori biblici. Egli nacque oltre ottant’anni dopo la morte di Gesù, e non fu testimone oculare di quell’avvenimento. Si crede che descrivendo la “croce” Giustino si basasse proprio sulla “Lettera di Barnaba”. Secondo questa lettera non biblica, la Bibbia narrerebbe che Abraamo circoncise trecentodiciotto uomini della sua casa. Poi attribuisce un significato speciale a una cifra in lettere greche equivalente a 318, cioè IHT. Lo scrittore di questa opera apocrifa afferma che IH rappresenti le prime due lettere di “Gesù” in greco. La T è considerata la forma del palo su cui morì Gesù.

Leggiamo testualmente:

...Abramo, praticando per primo la circoncisione, prevedeva nello spirito Gesù, conoscendo i simboli delle tre lettere. (La Scrittura) infatti, dice: «Abramo circoncise trecentodiciotto uomini della sua casa». Quale era il significato a lui rivelato? Lo comprendete perché dice prima diciotto e, fatta una separazione, aggiunge trecento. Diciotto si indica con iota = dieci ed eta = otto. Hai Gesù. Poiché la croce è raffigurata nel tau che doveva comportare la grazia, aggiunge anche trecento. Indica Gesù nelle due prime lettere e la croce nell’altra...

Secondo l’autore sconosciuto di questa lettera, (che risale al II secolo d.c.) Abramo avrebbe indicato il numero trecento, che in greco si scrive con la lettera Tau, per sostenere l’idea della Croce a T.

Riguardo a questo passo, la Cyclopædia di M’Clintock e Strong dichiara:

“Evidentemente lo scrittore non conosceva le Scritture Ebraiche, e commise [anche] l’errore di supporre che Abraamo conoscesse l’alfabeto greco alcuni secoli prima che esso venisse all’esistenza”.

Un traduttore inglese di questa “Lettera di Barnaba” spiega che contiene “numerose inesattezze”, “interpretazioni assurde e insignificanti della Scrittura”, e “molti sciocchi vanti di superiore conoscenza a cui lo scrittore si abbandona”. Fareste assegnamento su un tale scrittore, o sulle persone che lo seguirono, per avere informazioni accurate in merito al palo su cui morì Gesù?

Il punto è che nessuno di loro fu testimone oculare della morte di Gesù. Barnaba a quanto pare non usa il Tau perché vuole rappresentare il modo in cui morì Gesù, ma perché attribuisce un valore al segno in sé, per via dei significati che poteva avere, sia dal punto di vista biblico (per alcuni è un richiamo a Ezechiele cap. 9), sia dal punto di vista tradizionale (farsi il “segno della croce” era un gesto di buon augurio fatto prima di andare a letto o nell’entrare in un edificio o altro sia da pagani che da “cristiani”, secondo la testimonianza di Tertulliano e altri, che probabilmente non ritenevano di fare nulla di sbagliato nel compiere questo gesto [un po’ come noi oggi compiamo gesti di cortesia o educazione che magari sono il lascito di tradizioni cavalleresche, o anche religiose, senza che per questo le consideriamo sbagliate].

In definitiva, qualunque senso avessero le affermazioni di Giustino o dello pseudo Barnaba, non sono rilevanti al fine della forma che potevano avere i termini stauros, crux, xylon o persino lo stesso skolops (usato in senso denigratorio per stauros da alcuni detrattori del cristianesimo postapostolico [Celso, Luciano, ecc.]) sia nel primo secolo che nei periodi immediatamente successivi.

La croce e le opere di consultazione

Molti obbiettano che c’è una pressoché totale unanimità da parte delle opere di consultazione nell’affermare che Cristo morì su una croce. È vero che i vari Dizionari Biblici e le varie enciclopedie danno per scontato che Cristo sia morto su una croce. Ma tutti devono riconoscere, in un modo o nell’altro, che comunque i romani non crocifiggevano unicamente su una croce. Per esempio il “Dizionario Biblico” a cura di Giovanni Miegge, seconda edizione riveduta e aggiornata a cura di Bruno Corsani e J.Alberto Soggin e Giorgio Tourn alla voce “Croce” dice:

“La croce aveva generalmente la forma di una T“.

È ovvio che “generalmente” non indica “esclusivamente“. Alla luce delle prove bibliche non possiamo dire categoricamente che quella di Cristo avesse la forma di una T. La “Grande Enciclopedia De Agostini” alla voce “Croce” dice:

Strumento del supplizio di Cristo il cui nome deriva probabilmente dal sanscrito krugga (bastone pastorale), ma chiamato dai Greci stauros (palo) e dagli Ebrei ‘es (albero). Questi nomi indicano perciò che in origine la c. come strumento di supplizio era un albero o un palo cui i condannati venivano confitti con chiodi o impalati. In seguito venne aggiunto un palo trasversale e dalla combinazione dei due elementi ebbero origine le classiche forme di [croce].

Come è evidente questa fonte (come le altre citate sopra) afferma chiaramente che lo “stauròs” greco era in origine “un albero o un palo cui i condannati venivano confitti con chiodi o impalati” Pertanto la pretesa unanimità delle opere di consultazione si sfalda di fronte a queste semplici considerazioni: i romani impiegavano anche pali diritti come strumento di esecuzione, gli scrittori biblici impiegarono due termini che significano prevalentemente “palo diritto” e solo come accezione interpretativa e secondaria “croce” . Non potendo affermare categoricamente che lo stauròs su cui Cristo fu appeso fosse la croce della tradizione ecclesiastica, la traduzione della Bibbia usata dai testimoni di Geova, la Traduzione del Nuovo Mondo, traduce stauròs secondo il suo significato principale. Leggiamo infatti dall’appendice alla Traduzione del Nuovo Mondo:” “Palo di tortura” è usato in Mt 27:40 in relazione all’esecuzione capitale di Gesù sul Calvario, o Luogo del Teschio. Non c’è nessuna prova che qui la parola greca stauròs significasse una croce come quella che i pagani usavano come simbolo religioso già molti secoli avanti Cristo. Nel greco classico la parola stauròs significava semplicemente un palo verticale, come quelli usati per le fondamenta. Il verbo stauròo significava recintare con pali, o fare una palizzata. Gli ispirati scrittori delle Scritture Greche Cristiane scrissero nel greco comune (koinè) e usarono la parola stauròs con lo stesso significato del greco classico, quello cioè di palo semplice, senza alcuna specie di braccio trasversale incrociato in alcun modo. Non c’è nessuna prova del contrario. Gli apostoli Pietro e Paolo usarono anche la parola xylon per riferirsi allo strumento di tortura sul quale fu inchiodato Gesù, e ciò dimostra che era un palo verticale senza braccio trasversale, poiché questo è ciò che significa xylon in questa particolare accezione. (At 5:30; 10:39; 13:29; Gal 3:13; 1Pt 2:24) Nei LXX troviamo xylon in Esd 6:11 (2 Esdra 6:11), dove se ne parla come di una trave a cui il violatore della legge doveva essere appeso, come in At 5:30; 10:39.”

Come si può notare l’atteggiamento della Traduzione del Nuovo Mondo è onesto, prudente e per nulla dogmatico. Non potendo affermare con assoluta certezza che la forma dello “stauròs” sia una croce si preferisce usare il suo significato principale.

La posizione ufficiale dei testimoni di Geova al riguardo è ben espressa dall’enciclopedia biblica Perspicacia alla voce “Palo di tortura”. Qui leggiamo:

Stauròs, sia nel greco classico che nella koinè, non dà affatto l’idea di una “croce” fatta di due pezzi di legno. Significa solo un palo diritto, come quelli che si potrebbero usare per fare un recinto, uno steccato o una palizzata. Il New Bible Dictionary (a cura di J. D. Douglas, 1985, p. 253), alla voce “Croce”, dice: “Il termine gr. per ‘croce’ (stauros, verbo stauroo . . .) significa principalmente trave o palo diritto, e secondariamente un palo usato come strumento di punizione ed esecuzione.

Il fatto che Luca, Pietro e Paolo abbiano usato anche xylon come sinonimo di stauròs è un’ulteriore prova che Gesù fu messo al palo su un legno diritto senza un braccio trasversale, poiché tale è il significato di xylon in questo particolare contesto...Perciò la Traduzione del Nuovo Mondo trasmette fedelmente al lettore l’idea basilare del testo greco traducendo stauròs “palo di tortura”, e il verbo stauròo “mettere al palo”. In questo modo non è possibile confondere stauròs con la croce della tradizione ecclesiastica.

In sintesi la posizione dei testimoni di Geova è questa: non ci sono prove scritturali e filologiche per affermare categoricamente che Gesù fosse messo a morte su una croce composta da un palo verticale e uno trasversale. La letteratura “cristiana” posteriore non è né autorevole né unanime nel descrivere la forma dello strumento di morte. Pertanto , nel tradurre le parole greche usate per indicare il patibolo di Cristo, non si vedono ragioni per discostarsi dal significato originario che ci trasmette il greco e cioè quello di palo.

Il problema nel tradurre le parole originarie con l’accezione “croce ” risiede, oltre che nella mancanza totale di prove certe che la forma del patibolo fosse cruciforme, nel fatto che il termine croce più che una traduzione è un referente carico di significati teologici. Porta con se tutta una serie di significati religiosi e devozionali che erano completamente assenti quando fu redatto il Nuovo Testamento. Davanti alla parola “croce” il lettore del Nuovo Testamento avrà immagini del tutto estranee al Nuovo Testamento. Questo non succede con l’accezione “palo di tortura”. Non è né anacronistico né connotato teologicamente. Per quanto riguarda la forma dello stauròs è neutro. Includendo “tortura” il lettore può farsi idea delle sofferenze che derivano dall’essere appesi al patibolo.

Che dire delle prove archeologiche?

Ma non ci sono prove archeologiche “inconfutabili” che dimostrano l’uso di una croce come strumento di morte del Signore? Esaminiamo prima le cosiddette prove archeologiche. Le elenchiamo per comodità di lettura:

1. Il crocifisso del Palatino

2. La Croce di Ercolano

Queste sono le prove più antiche. Perché citiamo solo queste come prove? Non ci sono centinaia di raffigurazioni della crocifissione tali da costituire una prova archeologica inconfutabile? No. Un’opera afferma:

“Most scholars now agree that the cross, as an artistic reference to the passion event, cannot be found prior to the time of Constantine.” – Archaeological Evidence of Church Life Before Constantine (1985), by Professor Graydon F. Snyder, page 27.

Lo scrittore Peter De Rosa nel suo libro Vicari di Cristo dice:

“Con due sole eccezioni note [quelle indicate sopra] egli[Gesù] non fu rappresentato sulla croce fino alla fine del sesto secolo , ma nemmeno allora gli artisti osarono raffigurarne il dolore e l’umiliazione”. (pag. 7)

Chiediamoci: queste cosiddette prove certe sono davvero riconducibili in modo diretto o indiretto al cristianesimo? Il crocefisso del Palatino è una raffigurazione di un animale, un asino probabilmente, con le braccia aperte. Tracciate parallelamente al corpo e alle braccia il disegno di un tau. La scritta dice:”Alexamenos adora il suo dio”. Secondo gli apologeti cattolici e una certa letteratura in cerca affannosa di prove sostanziose della forma della croce questo graffito sarebbe una raffigurazione della croce in cui sarebbe morto Cristo.

Ma che prove ci sono che questa sia una raffigurazione caricaturale della morte di Cristo? L’iscrizione fa forse riferimento alla croce, all’esecuzione o qualcosa del genere? Niente affatto. Il crocefisso del Palatino non è affatto una prova che la forma dello strumento di morte di Gesù fosse una croce.

Ammesso e non concesso che il graffito blasfemo del Palatino abbia a che fare con il Cristo, ciò indicherebbe semplicemente che per chi li tracciò, e nell’epoca in cui lo fece, il vocabolo crux o stauròs poteva essere rappresentato anche così (proprio come noi possiamo rappresentare in vari modi l’attuale vocabolo “arma”), ma non vuole affatto dire che fosse stato quello il modo in cui era stato messo a morte Gesù.


Stesso discorso vale per la croce di Ercolano. Con in più il fatto che gli studiosi non sono concordi nell’affermare che si tratta di un simbolo cristiano né che sia un oggetto di culto.


Poteva essere pure il calco di un qualsiasi altro oggetto come un appendiabiti infisso nel muro. Comunque sia, in mancanza di prove certe, dovremmo essere cauti nell’attribuire a ritrovamenti archeologici significati posteriori.


Raffigurazioni di crocifissioni ad un palo diritto

Elenchiamo alcune crocifissioni ad un palo diritto. Questo dimostra che questa forma di crocifissione non era inesistente ma praticata dai romani e nel tempo se ne è conservato il ricordo.

Tratto dal libro “Guida alla Bibbia”, Edizioni Paoline, 1988, pag. 591.La didascalia nel libro afferma: “La croce era uno scandalo per gli ebrei, un assurdo per i gentili. Questa statua trovata ad Alicarnasso mostra una crocifissione romana“.

Come è evidente da questo dipinto medievale,fu solo in un successivo periodo di tempo che si cominciò ad associare il simbolo della croce alla morte del Cristo, mentre i due ladroni continuarono a rimanere appesi al palo.

Scultura di epoca classica in cui viene rappresentato Marsia satiro della mitologia greca (rep. MA 542 Louvre, Parigi).Si tratta di un sileno localizzato in Frigia. Figura come inventore del flauto a due canne. Fiero della sua scoperta sfidò il dio Apollo a una gara musicale. Apollo vinse e punì Marsia appendendolo a uno stauros e scorticandolo.

Il palo nelle pubblicazioni Watch Tower

Fin qui abbiamo esposto la posizione dei testimoni di Geova che come vedete è ispirata ad una grande prudenza e al preciso desiderio di non aggiungere concetti inesistenti alla Parola di Dio. Ma alcuni obbiettano: come mai le pubblicazioni della Watch Tower illustrano la morte di Gesù su un palo? Non è questa l’indicazione di certezze che neppure i testimoni di Geova hanno? Lasciamo rispondere la rivista Torre di Guardia, organo ufficiale dei Testimoni di Geova. Il numero del 15 agosto 1987 a pag. 29 dice:

“... molto probabilmente Gesù fu messo a morte su un palo verticale senza un legno trasversale... Si riconosce perciò che le raffigurazioni della morte di Gesù contenute nelle nostre pubblicazioni, come quella che vedete a pagina 24, sono soltanto ragionevoli rappresentazioni artistiche della scena, non espressioni di certezze anatomiche. Non è necessario che queste raffigurazioni si adeguino alle mutevoli e contrastanti opinioni degli studiosi, e i nostri disegni evitano decisamente simboli religiosi derivanti dall’antico paganesimo.”

Pertanto i disegni contenuti nelle pubblicazioni della Watch Tower non sono espressione di “certezze anatomiche” ma semplicemente ragionevoli rappresentazioni artistiche della scena” che tengono conto della mancanza di prove linguistiche, storiche e architettoniche a favore della croce e della chiara origine pagana del simbolo croce. Spiegando come la croce divenne un simbolo cristiano la rivista Torre di Guardia, citando fonti storiche imparziali, fa questi commenti:

“[L’opera] Dictionnaire Encyclopédique Universel dice: “Per molto tempo abbiamo creduto che la croce, intesa come simbolo religioso, appartenesse specificamente ai cristiani. Non è così”. Un’altra opera (Dual Heritage—The Bible and the British Museum) afferma: “Può essere una grande sorpresa sapere che la parola ‘croce’ non esiste affatto nel greco del Nuovo Testamento. La parola tradotta ‘croce’ è sempre il termine greco [stauròs] che significa ‘asta’ o ‘palo diritto’. In origine, la croce non era un simbolo cristiano; deriva dall’Egitto e da Costantino..

Costantino fu l’imperatore romano che indisse il Concilio di Nicea nel 325 E.V. e influì su di esso affinché adottasse la dottrina antiscritturale secondo cui Cristo era Dio. In questo modo egli mirava a rafforzare il suo impero fatto di pagani e cristiani apostati. Di lui un’enciclopedia (The New Encyclopædia Britannica) dice: “Alla vigilia della sua vittoria su Massenzio nel 312, Costantino ebbe una visione del ‘segno celeste’ della croce, che considerò una garanzia divina del suo trionfo”. Quest’opera afferma anche che in seguito Costantino promosse la venerazione della croce.

Ma Dio avrebbe dato mai un segno, oltretutto un segno pagano, a un condottiero pagano che non stava facendo la Sua volontà? Gesù rimproverò i suoi connazionali perché volevano dei segni. (Matteo 12:38-40) Inoltre, questo governante pagano stava spargendo sangue innocente con armi materiali per ottenere la supremazia politica e, nei suoi intrighi politici, aveva disposto l’assassinio di parenti e altri collaboratori. In contrasto, Gesù disse: “Il mio regno non fa parte di questo mondo. Se il mio regno facesse parte di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto”. (Giovanni 18:36) Ecco perché comandò a Pietro: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada periranno di spada”. — Matteo 26:52.

Un altro libro (Strange Survivals) dice in merito a Costantino e alla sua croce:

“Non c’è dubbio che il suo comportamento rispondeva ad una strategia: il simbolo che innalzò soddisfaceva da una parte i cristiani del suo esercito e dall’altra i Galli [pagani]. . . . Per questi ultimi esso era la garanzia del favore della loro divinità solare”, il dio-sole che adoravano. No, il ‘segno celeste’ di Costantino non aveva nulla a che fare con Dio o con Cristo, bensì è intriso di paganesimo.”- La Torre di Guardia 1/5/89 pag. 23-5

Ancora leggiamo:

“Ricordate però come è stata usata la croce nel corso della storia, cioè come oggetto di culto pagano e di timore superstizioso. È possibile conciliare il portare una croce, anche come semplice ornamento, con questa ammonizione dell’apostolo Paolo in 1 Corinti 10:14: “Perciò, diletti miei, fuggite l’idolatria”?” – La Torre di Guardia 15/8/1987 pag. 24

Questo spiega la ragione per cui i testimoni di Geova obbiettano all’uso della croce come simbolo cristiano. Non fu usato come simbolo cristiano nel primo secolo, non venne usata per rappresentare la morte di Cristo per molto tempo dopo il primo secolo e ha una chiara origine pagana. Inoltre alla luce dei comandi biblici che proibiscono l’idolatria sarebbe inammissibile per un cristiano usare la croce come oggetto di culto. – Esodo 20:4; 1 Corinti 10:14; 1 Giovanni 5:21 Questo ci porta ad un altro aspetto della nostra trattazione e cioè:

La croce e il suo significato religioso

È un dato di fatto che per le chiese della cristianità, in particolar modo per la chiesa cattolica romana e per quelle ortodosse , la forma dello strumento di morte di Cristo è essenziale. Questa viene considerata il simbolo del cristianesimo, un oggetto da venerare e, nell’immaginario popolare, un talismano che protegge dai mali. Infatti un’enciclopedia (The New Encyclopædia Britannica) definisce la croce “il principale simbolo della religione cristiana”.

Quasi tutte le enciclopedie danno per scontato almeno due cose:

1. che Cristo morì su uno strumento composto da un palo verticale e da uno trasversale;

2. che la croce è il “simbolo della religione cristiana”. – Nuovissima Enciclopedia Generale De Agostini pag. 319

Nell’VIII secolo d.c. Giovanni Damasceno, considerato santo dalla Chiesa Cattolica e da quella Ortodossa Orientale, scrisse: “Come i santi Padri rovesciarono i templi e i santuari dei diavoli, e innalzarono al loro posto santuari nel nome dei Santi e noi li adoriamo, così anche rovesciarono le immagini dei diavoli, e in luogo d’essi innalzarono immagini di Cristo, e della Madre di Dio, e dei Santi”.

A questo, Tommaso d’Aquino, nel XIII secolo, aggiunse:

“Verso un’immagine di Cristo andrebbe mostrata la stessa riverenza che verso Cristo stesso . . . La Croce è adorata così come si adora Cristo, cioè con l’adorazione di latria, e per tale motivo ci rivolgiamo alla Croce e la supplichiamo esattamente come Colui che fu crocifisso“.

Anche se non verrà mai ammesso, è dinanzi agli occhi di tutti che la Croce è divenuta un vero e proprio oggetto d’adorazione in antitesi a tutti i precetti cristiani.

Quanto bene avrebbe fatto la Chiesa Cattolica ad ascoltare parole come quelle riportate nel libro Ricchezza del 1936; parole con le quali abbiamo iniziato questa trattazione e con le quali vogliamo concluderla:

Che quella dove fu appeso Gesù fosse una vera croce di legno o un semplice tronco di albero, non ha importanza; il fatto è ch’Egli fu appeso al legno, il che simbolicamente dice: “Quest’uomo è maledetto da Dio”. La morte come peccatore era una morte ignominiosa, ed il fatto di essere crocifisso sopra un tronco d’albero dice in realtà:”Egli è stato messo a morte come sprezzabile peccatore”. Infatti questo era stato stabilito dalla legge di Dio. (Deut. 21:22,23 )” – pag.26