I Testimoni di Geova possono votare?
Talvolta ci si sente chiedere se i testimoni di Geova “possono votare” o “se un testimone di Geova va a votare viene disassociato” o, comunque, domande di questo tenore. Spesso chi fa domande del genere cerca di dimostrare che la credenza dei testimoni di Geova secondo cui un cristiano deve essere neutrale nei confronti della politica va contro i principi della Costituzione italiana la quale garantisce a tutti i suoi cittadini il diritto al voto libero e incondizionato. Alcuni oppositori cercano così di dimostrare che la posizione di “neutralità cristiana” dei Testimoni viola le leggi dello stato.
Sorprende soprattutto che questa accusa venga mossa anche da alcuni parlamentari. Infatti, nell’Interrogazione Parlamentare (Pubblicata su Il Regno n°542 pp.56-63) sulla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, al primo punto si legge quanto segue:
1) Che gli aderenti alla Congregazione dei testimoni di Geova devono sottostare a regole rigide e fra esse predominano disposizioni in contrasto con le leggi dello Stato quali: la negazione del diritto-dovere di voto (...).
Prima però di entrare nel merito delle considerazioni che vengono presentate, è necessario portare alla nostra memoria un episodio riportato nel Vangelo il quale, a mio avviso, ben si applica alla questione. L’episodio è narrato nel vangelo di Matteo al capitolo 22. I versetti 15 e 16 recitano:
“Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per prenderlo in trappola nelle sue parole. E gli inviarono i loro discepoli insieme ai seguaci del partito di Erode, dicendo: ‘Maestro, sappiamo che sei verace e insegni la via di Dio secondo verità, e non ti curi di nessuno, perché non guardi l’aspetto esteriore degli uomini.”(TNM edizione riveduta 1987)
È interessante notare il riferimento ai “Farisei”[1] e al “partito di Erode”[2]. Entrambe queste partiti si opponevano a Gesù e ai suoi insegnamenti, e sebbene fossero in lotta fra loro, vedevano in Cristo un nemico comune da combattere. L’obiettivo di entrambi è chiaramente esposto nel racconto parallelo di Luca. Si legge infatti ai versetti 20:20:
“..., dopo averlo osservato attentamente, mandarono uomini assunti in segreto perché si fingessero giusti, per sorprenderlo nel parlare, in modo da consegnarlo al governo e all’autorità del governatore.”
Come possiamo notare, aderenti di fazioni contrarie fra loro si sono uniti per opporsi al Cristo, oggi componenti della società che hanno idee contrastanti si uniscono nel comune intento di opporsi ai testimoni di Geova e di provocare in qualche modo uno scontro con lo Stato. Così troviamo ex-testimoni, ora apostati, che assieme a clericali e anticlericali, assieme ad atei e laici perseguono il comune obiettivo di osteggiare i Testimoni mettendoli in cattiva luce dinanzi allo Stato. Lo stesso prof. M. Introvigne parla di questo atteggiamento paradossale. Parlando del citatissimo libro dell’apostata R. Franz, scrive:
“La posizione di Franz (come di altri «apostati») è, in un certo senso, paradossale: è stato «adottato» da ambienti ostili ai Testimoni di Geova cattolici e protestanti mainline che diffondono e traducono le sue opere, per quanto abbia più volte chiarito che la sua ostilità alle «religioni» organizzate in genere non è diminuita rispetto a quando era Testimone di Geova”.(I Testimoni di Geova: già e non ancora di M. Introvigne – Editrice ELLEDICI 2002 – p. 5)
Per alcuni cattolici l’ostilità che questi ex-Testimoni hanno verso la loro parte religiosa non ha nessuna importanza quando si tratta di combattere il “nemico comune” proprio come le lotte che dividevano i seguaci del partito di Erode con i Farisei non rappresentavano più ragione di scontro quando si trattava di combattere il “nemico comune” di allora, Cristo.
È altrettanto interessante l’analogia che troviamo nei modi in cui i “nemici” di allora cercavano di indurre Gesù nell’errore. Sia Matteo che Luca dicono chiaramente che l’intento era quello d’incastrarlo con le parole. Si legge infatti: “per prenderlo in trappola con le sue parole” e “per sorprenderlo nel parlare”. Fanno questo attraverso l’adulazione prima e il domandare capzioso poi.
Prosegue infatti Matteo: “Dicci, dunque: Che ne pensi? È lecito pagare il tributo a Cesare o no?” Lo stile è sempre lo stesso, si cerca di ridurre tutto ad una risposta che sia o SI o NO. Chiaramente Gesù avrebbe potuto rispondere con un SI o un NO, ma non lo fece. Perché? Il versetto 18 prosegue: “Ma Gesù, conoscendo la loro malvagità, disse: ‘Perché mi mettete alla prova, ipocriti?'” (Torre di Guar dia del 1/11/19 99)
Gesù conosceva i loro intenti. Perciò non rispose con un lapidario SI’ o NO, proprio perché dietro a quella domanda si nascondeva l’intento accusatorio delle fazioni rivali, che era quello di mettere Gesù in difficoltà con le autorità governative di allora.
L’equilibrata risposta che Gesù diede rivela un’altra interessante analogia. Leggiamo i versetti da 19-21:
“Mostratemi la moneta del tributo”. Essi gli portarono un denaro. Ed egli disse loro: ‘Di chi è questa immagine e l’iscrizione?’ Dissero: ‘Di Cesare’. Quindi disse loro: «Rendete dunque a Cesare le cose di Cesare, ma a Dio le cose di Dio»
Mediante questa risposta perfettamente equilibrata Gesù non favorì né gli sforzi e il movimento dei Farisei per l’indipendenza giudaica, né la preferenza politica dei seguaci del partito di Erode. Se avesse risposto “No, non è giusto pagare questa tassa” si sarebbe reso colpevole di sedizione contro Roma. Tuttavia, se avesse detto: “Sì, bisogna pagare questa tassa” si sarebbe attirato l’odio degli ebrei, che disprezzavano il dominio romano.
La risposta di Gesù mostra chiaramente la sua volontà di rimanere neutrale nelle controversie politiche del suo tempo. Questa risposta inoltre mette in luce l’altra interessante analogia con il tema in questione, quella che vede i testimoni di Geova, come Gesù allora, difendersi dalle faziose domande atte a rilevare conflittualità con la legge di fronte del medesimo atteggiamento di neutralità oggi assunto dai Testimoni.
Qual è, quindi, la posizione dei testimoni di Geova circa la partecipazione alla politica e al voto? La loro rivista ufficiale, La Torre di Guardia del 1° novembre 1999, pp. 28,29 dice testualmente:
“Gesù Cristo disse riguardo ai suoi seguaci: “Non fanno parte del mondo come io non faccio parte del mondo”. (Giovanni 17:14) I testimoni di Geova prendono seriamente questo principio. “Non facendo parte del mondo”, sono neutrali rispetto agli affari politici del mondo. – Giovanni 18:36 ....l’apostolo Paolo si considerava “ambasciatore” di Cristo fra i suoi contemporanei. (Efesini 6:20; 2 Corinti 5:20) I testimoni di Geova credono che ora Cristo Gesù sia stato intronizzato quale Re del celeste Regno di Dio e che loro, come ambasciatori, devono annunciarlo alle nazioni. (Matteo 24:14; Rivelazione [Apocalisse] 11:15) Ci si aspetta che gli ambasciatori siano neutrali e non interferiscano negli affari interni del paese in cui vengono mandati. In qualità di rappresentanti del celeste Regno di Dio, anche i testimoni di Geova si sentono analogamente in obbligo di non interferire nella politica del paese in cui risiedono. Un terzo fattore da considerare è che chi col suo voto contribuisce a eleggere un candidato può diventare responsabile di ciò che questi farà. (Confronta 1 Timoteo 5:22, Parola del Signore). I cristiani devono valutare attentamente se intendono assumersi questa responsabilità....Quarto, i testimoni di Geova tengono in alta stima la loro unità cristiana. (Colossesi 3:14) Quando le religioni si immischiano nella politica, spesso ciò causa divisioni fra i loro aderenti. Imitando Gesù Cristo, i testimoni di Geova evitano ogni ingerenza nella politica e mantengono così la loro unità cristiana.- Matteo 12:25; Giovanni 6:15; 18:36, 37. Quinto ed ultimo fattore, stando fuori dalla politica i testimoni di Geova hanno la libertà di parola che consente loro di annunciare l’importante messaggio del Regno a persone di qualsiasi idea politica. – Ebrei 10:35.” (Il grassetto è nostro)
Questa è la vera posizione dei testimoni di Geova circa la politica. È insegnata chiaramente, apertamente e senza nascondere nulla. I testimoni di Geova si considerano neutrali in politica. Secondo la definizione che ne danno loro stessi per «Neutralità» si intende la “Condizione di chi, in una controversia, non parteggia per nessuno dei contendenti” (Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Ed.1991). Anche il Dizionario di Politica UTET degli stati neutrali dà una definizione simile: “Il termine «Neutralità» vale a designare la condizione giuridica in cui, nella comunità internazionale, si trovano gli stati che rimangono estranei ad un conflitto bellico esistente tra due o più stati”(Dizionario di Politica UTET, Bobbio-Matteucci 1990 p. 682). Quindi nelle questioni politiche e belliche i testimoni di Geova non parteggiano per nessuno.
Cosa insegnano i Testimoni di Geova circa il votare alle elezioni politiche? Viene forse impedito loro, dietro la minaccia di una punizione, di recarsi alle urne? La summenzionata Torre di Guardia dice: “In quanto a dare personalmente il voto a un candidato alle elezioni, ciascun testimone di Geova decide in base alla propria coscienza addestrata secondo la Bibbia e a come intende la responsabilità che ha verso Dio e verso lo Stato.” (Confronta Matteo 22: 21, 1 Pietro 3:16.)
Non c’è nulla da interpretare o leggere tra le righe. È detto chiaramente che la congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova insegna la neutralità (cioè il non parteggiare per nessuno il che esclude l’esprimere una preferenza politica) ma lascia il singolo fedele libero di esercitare il suo diritto di voto o il suo diritto all’astensione. Quello che avverrà dentro la cabina elettorale sarà una questione tra il fedele e Dio. Pertanto l’affermazione dei nostri oppositori secondo cui la nostra posizione nei riguardi della politica e delle elezioni politiche non sia espressa chiaramente o si ricorra a funambolismi verbali per proteggersi dalle conseguenze di persecuzioni da parte dello stato è falsa.
Leggendo la summenzionata rivista vi sembra che la questione non sia esposta in maniera chiara? Vi sembra che lasci qualche dubbio? Che sia condivisa o meno la posizione dei testimoni di Geova, è evidente che l’insegnamento sulla neutralità è chiaro quanto quello sull’unità di Dio o del riscatto di Cristo.
Ovviamente i nostri oppositori tendono a sottolineare la questione della neutralità come se fosse un problema nei rapporti con lo Stato visto che si evincerebbero un vero e proprio reato di istigazione all’astensionismo politico ex articolo 88 T.U. N. 570. In buona sostanza, dicono i nostri oppositori, i singoli testimoni di Geova assumerebbero un certo comportamento non già in virtù di un profondo convincimento personale derivante dalla ponderazione dei principi biblici compresi secondo l’interpretazione dei testimoni di Geova, ma in virtù della paura di essere disassociati. La paura della punizione sarebbe, secondo questa tesi, la molla che spingerebbe i testimoni di Geova a disertare le urne, o, nel caso vi si rechino, a lasciare la scheda bianca. Secondo questo ragionamento, che risulterà più in avanti davvero bislacco, non ci sarebbe il convincimento personale nell’agire dei singoli testimoni di Geova ma il frutto di un condizionamento e talvolta del conformismo che si trova nelle congregazioni (Per maggiori informazioni sul conformismo vedi il seguente articolo: Il Fascino della Libertà illusoria).
I nostri oppositori accusano di ricorrere a bizantinismi e funambolismi verbali distinguendo tra il votare (cioè esprimere il segno sulla scheda) dal recarsi alle urne. Ma notate la risposta sempre della stessa Torre di Guardia:
“In quanto a dare personalmente il voto a un candidato alle elezioni, ciascun testimone di Geova decide in base alla propria coscienza addestrata secondo la Bibbia e a come intende la responsabilità che ha verso Dio e verso lo Stato. (Matteo 22:21; 1 Pietro 3:16)”
La rivista non distingue affatto tra votare e recarsi alle urne. È di una chiarezza incredibile. La rivista parla del “dare personalmente il voto ad un candidato alle elezioni” come di una questione personale che decide il singolo Testimone dopo aver valutato i principi biblici di neutralità.
Quindi alla domanda “il tdG può votare” non potremo altro che rispondere “si”. Ma se ci venisse chiesto cosa insegnano i Testimoni circa la politica la risposta sarebbe stata diversa. In buona sostanza l’insegnamento è chiaro ma il tutto viene lasciato all’autodeterminazione del singolo.
Ma che dire della espulsione dalla congregazione? Scatta o no se un testimone di Geova viola la neutralità cristiana e quindi vota alle elezioni? A questo punto i nostri oppositori sfoggiano alcune informazioni che elenchiamo di seguito:
Istruzioni private date agli «anziani» nominati nelle congregazioni, libri di testo per le Scuole degli anziani e, dulcis in fundo, esperienze di ex Testimoni, ora accaniti oppositori.
Tralasciamo le informazioni degli anni ‘60 in quanto alcuni insegnamenti sono stati cambiati e nessun anziano dei testimoni di Geova li applicherebbe. Non a caso il sociologo, prof. Introvigne, invita i ricercatori ad aggiornare le loro ricerche e nello stesso tempo ammette che molti oppositori formulano le loro accuse su situazioni ormai datate. Infatti, nell’introduzione del suo libro, I Testimoni di Geova: già e non ancora, sostiene che “I pochi (saggi) che esistono (sui Testimoni di Geova) sono «datati»: dal momento che, (...) i Testimoni di Geova sono passati negli anni 1980 e 1990 attraverso notevoli trasformazioni. La necessità di uno sguardo d’insieme aggiornato (...) costituisce dunque oggi una priorità della ricerca in tema di minoranze religiose”.
Quindi il testo chiamato “Domande sul servizio del Regno“, trad. ital. 1962 o il “Corso di Ministero Teocratico” non possono essere assolutamente presi in considerazione (anche se, come vedremo più avanti, non dicono nulla di contrario alle disposizioni attuali). Una valutazione obiettiva e onesta va basata sui documenti attuali. D’altra parte se volessimo valutare in che modo la Chiesa Cattolica tratta gli eretici dovremmo utilizzare la Bolla “Ad extirpanda” o la “Licet ab initio” (che prevedono l’uso della tortura e la consegna al braccio secolare) o i documenti recenti? Da notare che gli oppositori citano anche il libro di testo della Scuola di Ministero del Regno del 1991 a pag. 140. Riportiamo la citazione come viene da loro fatta:
«I testimoni di Geova mantengono la neutralità nei confronti delle questioni politiche e militari delle nazioni (Giov. 17:16; rs pp. 243-9). Non interferiscono in ciò che fanno gli altri in quanto a votare alle elezioni politiche, presentarsi candidati a cariche politiche, unirsi ad organizzazioni non neutrali, gridare slogan politici, ecc. (w86 1/9 pp. 19-20; w68 15/11 pp. 702-3) Poiché i veri cristiani dedicati ‘non fanno parte del mondo’, se un componente della congregazione persegue impenitentemente una condotta che viola la sua neutralità cristiana si dissocia in tal modo dalla neutrale congregazione cristiana (Giov. 15:19; 17:14-16; w82 15/7 p. 31). Se gli anziani sanno che una persona sta pensando di intraprendere una condotta del genere, dovrebbero parlarle, in quanto è possibile che agisca in tal modo per ignoranza. (Sal.119:67; Gal. 6:1; 1Tim.1:13). Se l’individuo rifiuta l’aiuto offertogli e persegue una condotta che viola la neutralità cristiana, un comitato dovrebbe comunicare alla filiale i fatti che confermano la dissociazione usando i moduli S-77 e S-79. Di solito si fa un annuncio che l’individuo si è dissociato dalla congregazione, e la persona dovrebbe essere informata oralmente della sua posizione: Se per qualche ragione particolare non viene fatto nessun annuncio, i componenti della congregazione che potrebbero ricevere una visita del dissociato possono essere informati privatamente. L’individuo dovrebbe essere trattato come un disassociato. Vedi Lezione 5 (s), pagine 101-2».
Ovviamente a parte il fatto che le informazioni sono presentate in maniera schematica, visto che è un libro di testo di una scuola dove verrà data spiegazione ampia dell’applicazione delle procedure indicate. Ma questo libro innova qualcosa rispetto ai principi indicati nella Torre di Guardia del 1/11/1999 pp 28-9? No, né questa Torre di Guardia è stata scritta come specchietto per le allodole per lo Stato. Chi conosce la realtà dei testimoni di Geova sa che questi prendono sul serio quanto scritto sulle pubblicazioni stampati dalla loro società. Quindi si sentiranno autorizzati a seguirne le indicazioni. Pertanto, alcuni potrebbero sentirsi liberi di recarsi alle urne o meno e di fare quello che per loro è la cosa più giusta. Che per un testimone di Geova la cosa giusta sia non esprimere preferenze politiche è una realtà i fatto. Che sia costretto a non esprimerle è un altro. Il voto è segreto e libero. La Torre di Guardia del 1/11/99 dice:
"In quanto a dare personalmente il voto a un candidato alle elezioni, ciascun testimone di Geova decide in base alla propria coscienza addestrata secondo la Bibbia e a come intende la responsabilità che ha verso Dio e verso lo Stato.”
Quindi la congregazione non assume iniziative per chi si reca alle urne e lì prende la sua decisione di coscienza. Ma allora cosa intende il libro di testo della Scuola di Ministero del Regno?
Citiamo alcuni passaggi incriminati:
“Poiché i veri cristiani dedicati ‘non fanno parte del mondo’, se un componente della congregazione persegue impenitentemente una condotta che viola la sua neutralità cristiana si dissocia in tal modo dalla neutrale congregazione cristiana (Giov. 15:19; 17:14-16;w82 15/7 p. 31).”
Apparentemente sembra che l’equazione “voto = disassociazione” sia dimostrata, ma in realtà non è assolutamente così. Il libro è schematico e ogni espressione va compresa alla luce degli insegnamenti generali dei testimoni di Geova e del senso dato alle istruzioni alle Scuole per gli anziani. Mentre gli oppositori argomentano o danno questa interpretazione:
“se un componente della congregazione persegue impenitentemente una condotta che viola la sua neutralità cristiana [votando o compiendo il servizio militare] si dissocia in tal modo dalla neutrale congregazione cristiana”
Un anziano dei testimoni di Geova ne dà un’altra interpretazione completamente diversa dagli oppositori:
“Se un Testimone impenitentemente, quindi convinto e non più d’accordo con quanto ha imparato dalla Bibbia e che è una condotta dei testimoni di Geova decide di imbracciare le armi per imparare la guerra o decide di interessarsi di politica palesando il fatto che non è d’accordo con la neutralità della congregazione e contesta con argomenti la giustezza di questa posizione sostenendo di aver votato perché non d’accordo con la posizione del resto dei Testimoni, in questo modo rientrerebbe nel caso indicato nella Torre di Guardia del 1982 indicata a margine dell’istruzione del libro di testo e cioè:
La seconda situazione riguarda una persona che rinuncia alla sua posizione nella congregazione unendosi a un’organizzazione secolare il cui scopo è contrario a consigli come quelli di Isaia 2:4, dove leggiamo riguardo ai servitori di Dio: ‘Essi dovranno fare delle loro spade vomeri e delle loro lance cesoie per potare. Nazione non alzerà la spada contro nazione, né impareranno più la guerra’. Inoltre, come dice Giovanni 17:16, “essi non sono parte del mondo come io [Gesù] non sono parte del mondo”. Confronta Rivelazione 19:17-21.”
Il fatto che gli oppositori considerino questa dottrina un’istigazione all’astensione è irrilevante. Il Consiglio di Stato non l’ha pensata così nel dare il suo parere, quindi non è istigazione all’astensione. Infatti, circa questo punto leggiamo:
“Va (...) osservato che tale attività [quella dei testimoni di Geova] è già da tempo svolta dai testimoni di Geova, sia pure senza la presenza di un ente italiano quale punto di riferimento, senza che mai l’Amministrazione abbia avuto nulla da obbiettare in proposito. Questa constatazione permette di superare ogni perplessità in ordine alle manifestazioni di obiezione di coscienza al servizio militare (...) al voto o alle emotrasfusioni delle quali si rendono protagonisti i testimoni di Geova.”
Anche il Ministero degli Interni non ha ravvisato contrasti tra l’ordinamento giuridico attuale e i principi seguiti dai testimoni di Geova. Nel decreto di riconoscimento giuridico leggiamo:
“(...) il Ministero dell’Interno ha rilevato che nell’atto costitutivo e nello Statuto dell’associazione istante non si rinvengono norme in contrasto con le disposizioni delle leggi civili, mentre per quanto attiene all’atteggiamento negativo dei testimoni di Geova nei confronti delle emotrasfusioni, del diritto-dovere di voto e del servizio militare (o sostitutivo di quest’ultimo), il Ministero osserva che si tratta di manifestazioni derivanti sì dalla fede religiosa, ma sempre libere ed individuali.”
Secondo i nostri oppositori lo Statuto della Congregazione sarebbe stato scritto ad arte per ingannare le autorità. Ma ragionate, possibile credere che un supremo organo statale, all’epoca controllato dalla DC, partito cattolico, non conoscesse cosa facessero i testimoni di Geova durante le elezioni politiche? Non dice lo stesso verbale che oltre ad aver esaminato lo Statuto il Ministero ha esaminato “l’atteggiamento negativo dei testimoni di Geova nei confronti ... del diritto-dovere di voto”? Non dice il verbale che si tratta “di manifestazioni derivanti sì dalla fede religiosa”?
Quindi il Ministero degli Interni dell’epoca sapeva esattamente cosa insegnano i testimoni di Geova in relazione al voto! E già allora (era il 1986) riconosceva che si tratta di manifestazioni del fedele sempre libere ed individuali. Quindi non è vero ciò che sostengono taluni, e cioè, che nel 1999 la posizione sul voto è stata resa più morbida per ottenere l’Intesa con lo Stato. In realtà questa posizione è rimasta sempre inalterata. Infatti, risulta che i testimoni di Geova insegnino la neutralità politica ma non certo la sovversione. Risulta che insegnino la neutralità ma non facciano alcuna campagna astensionistica, che peraltro, è stata a volte attuata pubblicamente da esponenti politici ora al governo in occasione di passati referendum!
Risulta pure che insegnino la neutralità ma non disassocino nessuno perché si reca alle urne e lì fa ciò che vuole. Il problema non è in quello che avviene dentro la cabina ma in quello che si pensa e si insegna fuori dalla cabina elettorale. La neutralità è una dottrina importante per i testimoni di Geova come l’unità di Dio o il riscatto di Cristo. Insegnare dottrina diversa o praticare una condotta diversa da quella che scaturisce dall’insegnamento costituisce la base per l’espulsione. Il fatto che gli oppositori insistono sul cercare di capire perché la dissociazione e non la disassociazione o insinuino che questa disposizione sia stata presa per evitare problemi con lo Stato, è un’illazione non suffragata dai fatti.
Ogni religione è libera di organizzarsi secondo i propri statuti e l’applicazione di una procedura piuttosto di un’altra è un diritto dell’organizzazione dei testimoni di Geova come il fatto di decidere quanti anni di penitenza applicare per un peccato e in quali casi si applica la scomunica è un diritto interno della Chiesa Cattolica che nessuno, nemmeno i governi, possono sindacare. L’accusa non è recente. Gli oppositori si sono dati da fare addirittura a raccogliere delle firme per dare carattere «popolare» ad una loro petizione volta a negare l’Intesa della Congregazione con lo Stato. Nella risposta indirizzata al Presidente del Senato la Congregazione Cristiana dei testimoni di Geova, ha fatto rilevare la distinzione tra libertà di voto (permessa ai singoli) e l’insegnamento della congregazione. Infatti si legge:
“Propaganda politica, dichiarazioni di appartenenza o militanza politica, potrebbero invece comportare problemi per il mantenimento dell’unità all’interno delle comunità e della fratellanza e della purezza del messaggio evangelico.”
Quello che non viene permesso nelle congregazioni è questo e non il fatto di recarsi alle urne e li esprimere la propria preferenza. In questo senso e in nessun altro vanno intese le istruzioni del libro di testo della Scuola di Ministero del Regno e anche quelle di libri similari meno recenti. Per esempio nel libro Domande per il servizio del regno, del 1962 si leggerebbe di disassociare “la persona che volontariamente vota per eleggere uomini politici ai loro incarichi”.
Ovviamente tutta l’enfasi è sulla frase “volontariamente vota”. Ma come si poteva sapere che uno “volontariamente” ha votato se non lo dice pubblicamente sostenendo di aver preso parti nella politica e contestando, con delle dichiarazioni di appartenenza politica, la posizione neutrale della congregazione? Quindi tutte le deduzioni astratte sul nesso diretto voto/disassociazione non contano nulla, e, come abbiamo dimostrato, non ci sono.
L’accusa del Monsignor Marinelli
Un documento del 1/1/1986 riporta le parole di mons. G. Marinelli (pubblicato su Il Regno n°542 pp.56-63) ad un convegno sui testimoni di Geova. Su questa questione il «Monsignor Marinelli» travalicando il suo ruolo di pastore cattolico si improvvisa a giurista e costituzionalista e in pratica rampogna lo stato di non aver fatto bene i suoi controlli sui testimoni di Geova che a motivo delle loro dottrine e pratiche si porrebbero “fuori della società civile”. Ripetendo un’accusa che Tacito e Celso muovevano ai primi cristiani il “Monsignore” afferma: “Si deve riconoscere che la spinta ideologica da cui sono mossi, li porta a mettersi in atteggiamento di odio verso gli altri”. Ovviamente il «Monsignore» non si è accorto che invece di assomigliare ai primi cristiani, somiglia di più a uno dei primi persecutori dei cristiani.
Ma andiamo alla disquisizione sul voto, egli dice:
“L’art. 48 sancisce il diritto-dovere del voto. I tdG non votano, perché ritengono quest’atto contrario alla loro fede: è prendere parte attiva al regno di satana... Ma dovremmo riflettere che i tdG sono spinti a questo disimpegno non da certi disgusti da cui sono dominati gli astensionisti, ma per un radicale disimpegno del dovere sociale. Questo lo si ponga anche in relazione all’art. 49 che invita i cittadini a concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. E’ veramente strano che per i tdG tutto quello che si fa per fare andare meglio la vita nazionale diventi un atteggiamento satanico”.
Sembra una considerazione attenta e accurata e invece l’accusa è vecchia e logora e fondamentalmente scorretta dal punto di vista dell’impostazione e dell’interpretazione della legge. Le citazioni degli articoli della costituzione sono corredate da commenti sulla dottrina dei Testimoni atte a suscitare una impressione negativa. La conclusione a cui vorrebbe portare Marinelli, non deriva dall’esame della Costituzione confrontata con i principi seguiti effettivamente dai testimoni di Geova, ma da ciò che Marinelli afferma che questi principi debbano dire e dando una presentazione distorta delle dottrine dei Testimoni. Marinelli parla di “un radicale disimpegno del dovere sociale”. Ma questa affermazione può impressionare solo chi conosce superficialmente i testimoni di Geova. Chi conosce bene il contenuto della loro predicazione e i principi biblici da essi vissuti sa che la religione cristiana dei testimoni di Geova ha prodotto benefici nella vita delle persone. Senza per questo voler negare il contributo altrui, è un fatto noto e provato che moltissime persone sono state recuperate dalla droga, dall’alcol, da una vita immorale e resi elementi utili per la comunità proprio grazie alla predicazione dei testimoni di Geova. Non è questo impegno sociale?
Marinelli insinua il dubbio circa l’atteggiamento verso la politica come se i testimoni di Geova non concorressero in alcun modo a “fare andare meglio la vita nazionale”. Ma anche qui diciamo: è il partecipare alla politica l’unico modo di fare andare meglio la vita nazionale? Una condotta onesta, pacifica, rispettosa di leggi e ossequiosa verso le Leggi dello Stato non è fare andare meglio la vita nazionale? Lo stesso Marinelli deve ammettere che sulla questione del pagare le tasse i testimoni di Geova “sono molto scrupolosi”. Pertanto, quale effetto negativo ha l’eventuale pensiero che lo Stato “sia satanico” se poi lo si rispetta in tutto e per tutto e lo si sostiene con il proprio contributo? Che senso ha, per contro, fare professioni di patriottismo e poi boicottare lo Stato evadendo o eludendo le tasse?
A questo proposito è interessante menzionare l’esperienza di una ragazzina riportata nell’Annuario dei Testimoni di Geova del 1990:
“Dal Canada ci giunge notizia di un’esperienza indicante quanto è importante che i genitori (Testimoni di Geova) educhino i propri figli insegnando loro non semplici regole, ma i princìpi biblici, nonché come applicare in modo intelligente tali princìpi. Quando aveva solo 11 anni e non era ancora battezzata, Terra fu inaspettatamente messa alla prova da un insegnante. A quel tempo Terra era l’unica alunna Testimone in tutta la scuola.
Una mattina durante le lezioni Terra notò che l’insegnante aveva portato fuori della classe una sua compagna per qualche minuto. Poco dopo l’insegnante chiese gentilmente a Terra di accompagnarlo nell’ufficio del preside. Per il momento non venne data alcuna spiegazione. Comunque, giunta nell’ufficio del preside, Terra notò che sulla sua scrivania era stesa la bandiera canadese. Nell’ufficio erano solo loro tre: Terra, l’insegnante e il preside.
Quindi l’insegnante ordinò a Terra di sputare sulla bandiera canadese. Egli fece notare a Terra che dal momento che lei non cantava l’inno nazionale né salutava la bandiera, non c’era motivo per cui non dovesse sputare sulla bandiera se le veniva ordinato di farlo. Pur essendo molto sorpresa da questo comando, Terra si rifiutò di profanare questo simbolo del paese. Spiegò che i testimoni di Geova rispettano la bandiera sebbene non la adorino. Quando l’insegnante vide che Terra era irremovibile, tornarono entrambi in classe.
Una volta in classe, l’insegnante annunciò che aveva appena compiuto un esperimento. Aveva portato nell’ufficio del preside due alunne, una alla volta, e comandato loro di sputare sulla bandiera. Benché la prima alunna partecipasse alle cerimonie patriottiche, sputò sulla bandiera quando le fu ordinato di farlo. Viceversa, spiegò l’insegnante, Terra aveva princìpi elevatissimi. Pur non cantando l’inno nazionale e non salutando la bandiera, si era rifiutata di disonorare in quel modo la bandiera. L’insegnante disse che era Terra quella che mostrava giusto rispetto!”
Questa esperienza dimostra chiaramente l’atteggiamento dei Testimoni di Geova nei confronti della stato e fa vedere chiaramente chi effettivamente rispetta meglio il paese in cui vive. Si può dire lo stesso di tutti i cittadini, compresi gli oppositori dei Testimoni di Geova?
Sembra evidente che Marinelli non abbia studiato e osservato bene i Testimoni di Geova e il loro comportamento nei confronti dello stato. Ma Marinelli non è stato corretto neppure nell’interpretazione del testo costituzionale. Infatti il Consiglio di Stato, dopo un’attenta valutazione, ha dato parere favorevole al riconoscimento giuridico della Congregazione Cristiana dei testimoni di Geova. I nostri oppositori ritengono che lo stato debba valutare l’ideologia dei testimoni di Geova e non lo statuto, perché lo statuto sarebbe stato fabbricato ad arte per superare l’esame del Consiglio di Stato. Secondo costoro, lo Stato dovrebbe rinunciare ad essere laico e operare delle precise scelte ideologiche. Ma questo, secondo i costituzionalisti, è illecito. Lo Stato è, e deve rimanere, aconfessionale e laico.
Conclusione
“Lo Stato, come non può valutare i principi accolti dalla Chiesa cattolica, così non può sindacare quelli di altre confessioni” (Finocchiaro, Confessioni religiose e libertà religiosa nella Costituzione pag. 413). Quindi la richiesta di una valutazione della ideologia dei Testimoni di Geova è profondamente erronea e anche ipocrita quando viene da fonti cattoliche. Per illustrare, un cittadino può ritenere il governo corrotto e malvagio ma finché rispetta le Leggi dello Stato non può essere perseguitato e neppure discriminato per il suo pensiero.
Se lo Stato pretendesse un’adesione ideologica si trasformerebbe in un regime dittatoriale. È questo lo Stato che vogliono i nostri oppositori? Ma il giorno che lo Stato si ergesse a giudice dei pensieri e delle idee, non rischiano tutti, persino i nostri oppositori, di subire restrizioni alla loro libertà di pensiero e di espressione? Paradossalmente, l’odio e il livore che taluni hanno contro i testimoni di Geova li porta addirittura a tramare contro i loro stessi interessi di libertà! Mentre, per contro, l’azione dei Testimoni volta ad ottenere il miglior rispetto dei principi costituzionali alla fine torna anche a vantaggio dei loro stessi detrattori.
Allo stesso modo, lo Stato non può sindacare sul contenuto di fede dei testimoni di Geova o/e di qualsiasi altra fede religiosa. Il fatto che i Testimoni ritengano che il mondo giace nel potere del malvagio e aspettino il futuro intervento di Dio sulla terra, non ha implicazioni sull’osservanza delle Leggi dello Stato. Si tratta di pensieri e speranze che non spettano alla valutazione degli organi statali. Tra le altre cose questi pensieri e queste speranze non hanno come prodotto una violazione delle Leggi dello Stato ma al contrario producono cittadini esemplari e obbedienti. L’esatto contrario di ciò che l’accusa bislacca tenta di dimostrare! (Per maggiori informazioni sull’insegnamento dei Testimoni di Geova secondo il quale il mondo giace nel potere del malvagio, vedi l’articolo: I Testimoni di Geova e il mondo.)
Quindi la posizione neutrale della congregazione è nota e chi diventa testimone di Geova vi aderisce volontariamente. Il singolo Testimone è libero di andare o meno a votare, e lì, nella cabina, deciderà di seguire la sua coscienza cristiana. Si considererebbe dissociato dalla congregazione solo se palesa pubblicamente una posizione politicamente non neutrale, sostenendo quindi, con i suoi atti e parole, di non essere d’accordo con la posizione neutrale della congregazione e quindi di voler prendere parte attiva alla politica. Un fatto anche questo certamente libero, ma che comporta la sua dissociazione dalla congregazione dei testimoni di Geova i quali preferiscono rimanere politicamente neutrali.
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NOTE:
[1] Farisei: Importante setta religiosa del giudaismo presente nel I secolo E.V. Secondo alcuni studiosi, il nome letteralmente significa separati; separatisti, forse a indicare che evitavano ogni impurità cerimoniale o che si tenevano separati dai gentili (non ebrei). Comunque non si sa con precisione quando la setta abbia avuto inizio. Gli scritti dello storico ebreo Giuseppe Flavio indicano che all’epoca di Giovanni Ircano I (seconda metà del II secolo a.E.V.) i farisei costituivano già un gruppo influente. Giuseppe Flavio scrive: ‘E così grande è la loro influenza sulle masse che anche quando parlano contro il re o il sommo sacerdote vengono subito creduti’. — Antichità giudaiche, XIII, 288 (x, 5).
[2] Seguaci del partito di Erode: Chiamati anche erodiani, erano probabilmente ebrei che parteggiavano per la dinastia erodiana, insignita della sua autorità da Roma. Durante il ministero terreno di Gesù Cristo, Erode Antipa era il principale esponente di tale dinastia. (Torna su)