I TESTIMONI DI GEOVA E LA SALUTE MENTALE
Appendice C
Commenti all'articolo "The Mental Health of Jehovah's Witnesses" di J.Spencer
COMMENTI ALL’ARTICOLO “THE MENTAL HEALTH OF JEHOVAH’S WITNESSES” DI J.SPENCER
Non merita più di un articoletto l'unica opera dedicata ai testimoni di Geova di un ulteriore specialista, John Spencer, che pure è lo 'studio' più noto sull'argomento dopo il libro di Bergman “I testimoni di Geova e la salute mentale”. Virgolette d’obbligo: definire ‘studio’ questo articolo del 1975, che si può agevolmente trovare su Internet, risulta decisamente generoso, sia in ragione della sua brevità (fatta la tara ai vari ammennicoli, tre paginette scarse) sia soprattutto per una serie di carenze subito evidenti anche al lettore meno preparato.
Il tono dell’articolo rivela una prevenzione che si taglia col coltello, sin dall’incipit che recita: ‘molti di noi si sono sorpresi a manifestare un comportamento piuttosto impulsivo e scortese nel fare i conti con la pervicace insistenza dei membri della setta dei testimoni di Geova. La ferma convinzione con la quale essi non solo aderiscono al proprio credo ma accusano noi, fortuiti ascoltatori, è alquanto fastidiosa. Qualunque tentativo di confutarli con l’uso della logica si risolve spesso in un ulteriore monologo sul loro inflessibile sistema di credenze’.
Dalla scelta del materiale e delle citazioni (da Freud a Fromm, passando per l’immancabile, e francamente banale, richiamo all’oppio dei popoli marxiano) emerge la degnazione che Spencer riserva al sentimento religioso tout court, ravvisato per segno quasi indubitabile di debolezza di carattere, se non della sussistenza di turbe mentali. [1] Sotto quest’ottica dobbiamo evidentemente leggere certi commenti che altrimenti lascerebbero a bocca aperta; come quando parlando dei Testimoni afferma: ‘i termini ‘psicotico o ‘paranoide’ appaiono più appropriati. Risulterebbe interessante investigare e cercare di chiarire alcune di queste ipotesi con uno studio del disordine mentale fra i membri di questa – o di qualunque altra – setta religiosa estrema’.
Lo ‘studio’ di Spencer: scarno, pressappochista, viziato da prevenzione
Non possiamo esprimere certezze sul grado di conoscenza reale di Spencer dei testimoni di Geova, ma c’è da dubitare che sia particolarmente elevato. Il lavoro non brilla di sicuro per accuratezza. Spencer non si fa mancare nulla, da puerili errori ortografici (Charles TAGE Russell) ad annotazioni piene di fantasia (come si chiama l’agenzia ufficiale dei Testimoni? Sala del Regno!). In questo contesto di approssimazione generale capita di imbattersi (pag. 557) in un timido tentativo di analisi statistica, culminante nell’ineffabile tabella che è il ‘pezzo forte’ dell’articolo. La riportiamo di seguito:
Secondo Spencer, il tasso di TdG ricoverati presso ospedali psichiatrici dell’Australia occidentale sarebbe del 4,17 per mille (si veda la cifra in alto a destra della tabella), contro il 2,54 per mille della popolazione australiana in generale, da cui la ventilata maggiore incidenza di malattie mentali fra Testimoni.
Le premesse numeriche di queste speculazioni risultano nebulose. Spencer ad esempio afferma che nell’Australia occidentale nel 1973 ci sarebbero stati all’incirca 4.000 testimoni di Geova. Inutile cercare documenti a sostegno di tale dato: l’articolo non ne indica alcuno. Come sempre in questo genere di ‘stime’, non ci viene fornito nessun insieme di dati oggettivi (nomi, cognomi, coordinate geografiche etc.) che permetterebbe di giungere a tale quota, né è precisato cosa s’intende esattamente per ‘Australia occidentale’. Per di più Spencer parte dall’apriorismo per cui un ricovero ospedaliero avverrebbe esclusivamente nella zona di residenza; altra premessa arbitraria è l’essersi basato sulle dichiarazioni dei ricoverati per stabilirne la confessione di fede (e non sappiamo proprio perché, ad esempio, uno schizofrenico che afferma di essere Testimone dovrebbe essere preso in parola). Benché non sia ragionevole in questa sede approfondire la questione, anche il riferimento al test statistico del “chi quadro” dimostra poca familiarità con tale strumento.
Praticamente unici conoscitori e supporters di questo ‘studio’ sono – è ovvio – gli ex-Testimoni dissidenti, i quali, Bergman in testa, malgrado le sue evidenti lacune l’hanno rispolverato da un vecchio numero del British Journal of Psychiatry per ovviare al numero drammaticamente prossimo allo zero di fonti citabili in favore del teorema ‘Testimoni di Geova malati mentali’. Ma ci sembra che, se il livello è questo, c’è davvero da dormire sonni tranquilli.
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NOTE IN CALCE:
[1] Per fortuna questo pressapochismo ha decisamente fatto il suo tempo nell’entourage accademico, se mai ha avuto un vero momento di popolarità. Sono stati pubblicati studi che, al contrario, identificano nella spiritualità un punto di forza psicologico. Come afferma uno degli ideatori di un saggio realizzato nell’Università del Missouri, “La salute mentale delle persone ricoverate per diverse condizioni mediche, come per esempio cancro, ictus, lesioni del midollo spinale e trauma cranico, sembra essere correlata in modo significativo e in positivo a credenze spirituali e, soprattutto, al supporto e interventi spirituali della congregazione. Le credenze spirituali possono essere un meccanismo di coping per aiutare le persone a gestire lo stress emotivo” (all’edizione elettronica de La Stampa, 28/08/2012). Naturalmente, i possibili effetti di beneficio psichico della fede non hanno valore motivazionale per i testimoni di Geova.