La sindrome del fuoriuscito
...ovvero: di che cosa soffrono gli apostati di un movimento
12 Agosto 2021
di Fabrizio d'Agostini — Per "sindrome del fuoriuscito" si intende la condotta, le considerazioni e i ragionamenti dei soggetti che usciti da un gruppo, partito, religione, confessione, si rivolgono contro i passati amici e compagni e raccontando fatti o eventi negativi ai quali hanno partecipato, avanzando critiche e divenendo testimoni delle accuse più diverse.
La sindrome non colpisce tutti i fuoriusciti, anzi proporzionalmente ben pochi.
Con riferimento ai movimenti religiosi che appaiono i gruppi di tendenza, maggiormente studiati e monitorati e nei quali il ricambio è maggiore (statisticamente la partecipazione o l'affiliazione dura due anni, sia in entrata che in uscita), la sindrome del fuoriuscito, colpisce circa il 15% del 2%.
La natura, il contenuto e per così dire lo schema della sindrome, appare in piena luce quando ha quale suo oggetto un "pensiero forte", "ideologie politiche o dottrine religiose coinvolgenti" ed è un ragionamento che permette al fuoriuscito di continuare ad avere ragione nonostante tutto e gli permette di dare torto agli ex compagni. È uno schema formale, puro, trascendentale ed è sempre uguale. Per il fuoriuscito affetto dalla sindrome è largamente una questione di sopravvivenza personale ed è anche e conseguentemente il fondamento della sua credibilità rispetto ai terzi.
Incidentalmente, la sindrome è immediatamente riconosciuta, favorita ed utilizzata come prova o documento dagli oppositori del gruppo, partito, associazione, confessione, che divengono da nemici com'erano quando il fuoruscito era nel gruppo, partito, associazione, confessione, ad "amici" del fuoriuscito stesso che utilizzano come "prova". D'altro canto il fuoriuscito colpito dalla sindrome relativa ricerca immediatamente di instaurare rapporti con gli oppositori di un tempo e di instaurare rapporti quanto meno di contiguità esistenziale e sociale: ha bisogno di essere creduto.
Vi è quindi un profilo logico, strutturale, sistematico e uno, sociale, strettamente connessi, della sindrome.
Il ragionamento si basa su alcuni assiomi di immediata evidenza per tutti.
la mia capacità di giudizio nella sua pienezza, se i dati e le percezioni che ricevo dal mondo esterno sono corrette, è infallibile al 100%;
sono in grado con la mia capacità di giudizio di verificare e controllare i dati e le percezioni che ricevo dall'esterno;
sulla base della capacità di giudizio e verificati i dati e le percezioni disponibili sono in grado di risolvere i miei problemi e di raggiungere i miei scopi;
il mio scopo nella vita è stare sempre meglio o il meglio possibile.
In sostanza tutti ritengono di avere "ragione" e sono disposti a "dubitare" del loro giudizio solo quando non hanno il controllo dei dati e delle percezioni esterne e il dubbio non cade sulla capacità di giudizio che resta perfetta, ma, cade proprio e solo sulle percezioni o sui dati. Con la conseguenza, per l'identica ragione, che tutti ritengono di essere in grado di controllare e verificare i dati a loro disposizione. Se i dati e le percezioni sono sotto controllo, allora la capacità di giudizio è assoluta. Nessuno dubita del colore del mare o che sia fatto d'acqua se è di fronte al mare e lo vede e lo tocca perché, in tal caso, ha il controllo sulla percezione.
La questione dunque che viene posta è tipicamente, classicamente gnoseologica ed esistenziale e non riguarda affatto i contenuti di merito, ideologici, teorici o pragmatici che siano, del gruppo, partito, associazione, confessione, che sono indifferenti.
Se il pensiero, la dottrina, l'ideologia è "forte", "coinvolgente", la condotta è la stessa sia che si tratti di nuovi movimenti religiosi o della Chiesa cattolica o dell'Opus Dei; sia che si tratti di gruppi terroristici che di partiti politici storici. Non è importante il contenuto dell'oggetto del ragionamento, ma la forma del ragionamento.
Il fuoriuscito, infatti, quando è entrato nel gruppo, partito, associazione, confessione ha esercitato la capacità di giudizio sulla base dei dati e delle percezioni disponibili che ha parimenti controllato e valutato in maniera da lui ritenuta sufficiente a decidere perché riteneva l'ideologia, la dottrina e la pratica proposta migliore per lui e rispetto ad ogni altra a lui nota o disponibile o conosciuta e, secondo lui, seguire quella dottrina o quella pratica realizzava i suoi scopi di vita e cioè lo faceva stare o sentire meglio. Più grande è l'adesione, maggiore è l'identificazione del miglioramento di vita con l'ideologia o con la confessione o con la dottrina.
In sostanza l'adesione ad una ideologia avviene perché il soggetto la ritiene "vera", "giusta", "forte", "decisiva", migliore di ogni altra.
Quando ne esce, il para-dosso (para-doxa) di fronte al quale si trova è il seguente: se l'ideologia era quella "vera", "giusta", "forte", "decisiva", "migliore di ogni altra" ho sbagliato a lasciarla, ho commesso un grave errore di giudizio. Ma io l'ho abbandonata perché non è vero che era quella "vera", "giusta", "forte", "decisiva", "migliore di ogni altra" anzi poiché è una ideologia "particolarmente" negativa ho commesso un gravissimo errore di giudizio quando sono entrato. Questo errore di giudizio inoltre è durato per tutto il tempo nel quale sono stato nell'organizzazione, gruppo, partito, chiesa, confessione.
Il paradosso "ho sbagliato ora o ho sbagliato allora", incide direttamente sui presupposti indicati sub 1, 2, 3 e 4. Pone in crisi cioè la capacità di giudizio del soggetto, quella esatta al cento per cento e capace di verificare le percezioni e i dati esterni. Tale crisi è inaccettabile per l'individuo. Deve cioè essere data a tutti i costi una ragione dell'errore di giudizio che, naturalmente, per il fuoriuscito è stato effettuato allora, quando è entrato nel movimento, organizzazione, gruppo, etc.
La giustificazione è sempre la stessa ed è quasi sempre formata da due elementi concorrenti, un'attenuazione più o meno rilevante della capacità di giudizio dipendente da fattori esterni, da un sovraccarico di percezioni, avvenuta allora, quando il soggetto si è avvicinato al gruppo, attenuazione della quale altri ha volontariamente o involontariamente approfittato, e, dall'altro, un'apparenza che non corrisponde alla realtà e cioè da una falsificazione dei dati e delle percezioni ricevute.
Allora, quando ho aderito, l'ho fatto perché prima di tutto mi sono avvicinato al gruppo condizionato dall'amore nei confronti di un parente, un amico, un fidanzato, una fidanzata, un amante, oppure sono avvenuti nella mia vita una serie di fatti o accadimenti che mi hanno fortemente condizionato o depresso, sono mancate persone a me care, la fidanzata, il fidanzato, il marito, la moglie mi ha lasciato, ho avuto gravi tracolli, non stavo bene fisicamente, vedevo tutto nero, credevo di risolvere un problema di relazione … una serie cioè di eventi tali da giustificare un'attenuazione della capacità di giudizio, che ora, invece è tornata piena (questa parte della giustificazione serve a valorizzare il giudizio attuale su quello di allora e spiega perché il soggetto si è avvicinato a qualche cosa di così "terribile": se la sua capacità di giudizio non fosse stata indebolita mai e poi mai si sarebbe neppure avvicinato).
Tuttavia, poiché il fuoruscito di cui stiamo parlando sta attaccando duramente pubblicamente o dentro di sé, con sé stesso, il gruppo, movimento, partito, religione o confessione di cui ha fatto parte, non è quasi mai sufficiente per giustificare un errore di giudizio così grave né l'amore, né la depressione, entrambe situazioni che possono sì giustificare l'errore iniziale, ma che contemporaneamente, riducono l'affidabilità del soggetto anche rispetto a se stesso e sulle quali quindi non è possibile calcare la mano troppo (se la sua capacità di giudizio è stata influenzata dalle condizioni esterne allora, quali sono le influenze esterne che subisce ora? E, d'altro canto, la giustificazione rimane nell'area degli stati soggettivi, come può aver rilievo oggettivo tutto questo?). Serve solo a spiegare l'approccio iniziale. Dunque l'approccio che è già un errore è stato reso possibile dallo stato soggettivo, ma in realtà mi sono stati forniti dati e percezioni disformi dalla realtà, illusori, apparenti, mi è stato fatto vedere con le parole, i sorrisi, i comportamenti, le lusinghe, i riconoscimenti una luce che indicava altro, indicava "lucciole per lanterne".
Solo così possono essere duramente attaccate quelle che erano solo "lucciole" e non "lanterne". Era tutto falso, erano tutte cripto-motivazioni, lo scopo era negativo, disdicevole, l'interesse erano solo insieme o alternativamente, lo sfruttamento, i soldi, il potere, il prestigio… Tutto era inganno, tutto era male.
Non è una situazione facile per il fuoriuscito, è una drammatizzazione che può raggiungere livelli assoluti, divenire scelta fra vita e morte, imporre all'esito di notti insonni, di "fare qualche cosa" perché altri non cadano nella trappola.
In realtà il ragionamento è puro, formale, perché è volto non tanto ad esprimere un giudizio sul movimento, religione, organizzazione, partito, gruppo, ma a riaffermare la correttezza al 100% della capacità di giudizio nella sua pienezza del soggetto, rimasto intrappolato nel paradosso di due giudizi sulle stesse cose, situazioni, eventi diametralmente opposti e inconciliabili.
La formula dunque è:
al momento dell'approccio
capacità di giudizio attenuata per fatti esterni storici che non vi sono più o sono stati superati;
all'adesione
dati e percezioni ingannevoli, illusorie o distorte;
giudizio positivo conseguente.
ora che si è usciti
recupero della capacità di giudizio al 100%;
giudizio negativo.
Socialmente, i "fuoriusciti" si accreditano come attendibili perché sono stati presenti, c'erano, hanno partecipato, hanno visto, sanno e, ora che hanno recuperato la capacità di giudizio, rivisitando quanto avvenuto nel passato, giudicano in modo negativo quanto hanno giudicato positivamente allora.
Anche la società civile conosce perfettamente e ha interiorizzato gli assiomi 1, 2, 3 e 4. La capacità di giudizio di ciascun membro della società è perfetta e così è perfetta la sua capacità di giudizio come somma della perfezione di ciascun membro se alla capacità di giudizio vengono forniti dati esatti e non illusori (è in questo meccanismo che si situa tutta la forza della pubblicità che poi è un condizionamento sistematico: non ti fornisco dati esatti, ti fornisco i miei dati, quelli che mi interessa tu assuma come tuoi e che ti spingano a fare quello che io voglio tu faccia).
La formula della "sindrome del fuoriuscito" può essere utilizzata con la nozione di "condizionamento psicologico". Ma la sostanza della formula è il dato suggestivo della pretesa della sostituzione della propria capacità di giudizio con quella di un altro soggetto o di altri soggetti.
Fornendo percezioni esterne illusorie, errate – si dice –, la capacità di giudizio di chi le fornisce si sostituisce volutamente a quella di chi le percepisce e la condotta che ne deriva non è più libera nel senso del soggetto che percepisce, ma è quella indotta da chi fornisce le percezioni.
Dunque io pur essendo perfettamente capace al 100% di giudicare, non ho colpa, non ho responsabilità. Io ne ho fatte di cotte e di crude, ma sono una vittima, la responsabilità ricade su chi mi ha dato percezioni errate ed illusorie che mi hanno impedito di giudicare cosa era giusto e cosa era sbagliato. Ed è questo l'unico modo per il fuoriuscito di autoassolversi.
Ma poiché la mia capacità di giudizio è potentissima, capace di giudizi corretti al 100%, da questo deduco che le percezioni esterne, i dati che mi sono stati forniti e che ho creduti veri erano errati, essendo questa l'unica spiegazione possibile.
È questa deduzione infine l'intero contenuto logico della sindrome sia dal punto di vista individuale che sociale.
In conclusione lo sforzo del fuoriuscito di raccontare cose negative, criticare dottrine, situazioni, programmi, gruppi, organizzazioni, non ha nulla a che vedere con l'oggetto della critica: è il contenuto di una deduzione a posteriori volta a salvaguardare la capacità di giudizio del fuoriuscito e, insieme, necessaria per permettergli di autoassolversi.
Con l'andare del tempo, se non riesce ad uscire dalla drammatizzazione, la sua valutazione sull'ideologia, dottrina, pensiero passata dovrà divenire sempre più negativa: la misura del riconoscimento anche personale della riconquistata capacita di giudizio infatti gli appare direttamente proporzionale alla critica. Più la critica si perfeziona e approfondisce e maggiore è il riconoscimento della riconquistata capacità di giudizio.
Il meccanismo è il seguente:
inizialmente il giudizio negativo cade sul gruppo specifico di persone cui si è fatto parte, sul gruppo, sulla cellula, sulla congregazione, sull'organizzazione e non sulla ideologia o dottrina;
a questo si aggiunge in sequenza il giudizio negativo sulla condotta tenuta dal gruppo di cui si è fatto parte o dell'organizzazione di cui si è stati membri, condotta che inizialmente viene ritenuta in violazione della dottrina o ideologia;
poi il giudizio negativo si sposta sui contenuti e si generalizza. In questa fase spesso si oppone la propria comprensione dell'ideologia o dottrina che si ritiene "autentica" a quella del gruppo che si ritiene "pervertita";
infine il giudizio negativo coinvolge anche i teorici, i promotori, gli ideologi, i fondatori e l'intera dottrina, ideologia o pensiero.
Spesso non se ne accorge, ma è davvero e solo una deduzione. Uno schema logico all'interno di un sillogismo semplice.
D'altro canto, funziona così male questa deduzione, da costringere il fuoriuscito anche per anni, se non per tutta la vita, ad insistervi.
Si tratta di una vera e propria "sindrome", sembra infatti evidente che si può essere stati parte di gruppi, organizzazioni, confessioni e partiti ed esserne usciti senza bisogno di criticare, anzi, rimanendo fedeli a tutto o cessando la fedeltà in forza di un ripensamento storico.
Fonte: https://freedomofbelief.net/it/articoli/la-sindrome-del-fuoriuscito